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La vittoria agrodolce dei 5 Stelle nel giorno della spallata al Parlamento
I risultati di ieri relativi al referendum hanno, per il Movimento 5 Stelle, il sapore di una festa di compleanno tanto attesa ma guastata da qualche invitato che, nel momento del brindisi, fa qualche battuta di troppo rovinando l’atmosfera di gioia.
E’ indubbio che il successo schiacciante di ieri certifica la vittoria finale di una guerra contro la casta intrapresa da un decennio dai grillini che non va per nulla banalizzata; occorre dare atto a questi ragazzi , spuntati dal nulla, di aver dato una spallata, di aver realmente, come promesso, aperto il parlamento come una scatoletta di tonno spurgandola di 345 grammi (alias deputati e senatori).
Sarà pur vero che in ultima lettura, fiutando l’aria di vittoria certa, tutti i partiti si son piegati al verdetto favorevole approvando la legge con 553 voti favorevoli, 14 voti contrari e 2 astenuti (maggioranza superiore ai due terzi dei componenti) , un vero plebiscito, ma non va dimenticato come all’interno di quelle stesse coalizioni pro riforma è partito, immediatamente, un ultimo disperato tentativo di bloccare il sogno pentastellato con la richiesta di referendum costituzionale, promossa, trasversalmente, dai senatori Nannicini (PD) e Cangini e Pagano (FI).
Non va dimenticato come il PD, nonostante si fosse schierato con il proprio segretario Zingaretti per il Si avesse, al proprio interno, un esercito eccellente di esponenti schierati per il NO a partire dal “padre nobile” Romano Prodi, per continuare con Laura Boldrini, l’ex tesoriere Luigi Zanda, Gianni Cuperlo e Matteo Orfini, Arturo Parisi, Giuseppe Fioroni e Rosy Bindi. Mica Poco!
Non va dimenticato nemmeno il comportamento ambiguo della lega che, pur di uscire vincente a priori, ha schierato Salvini a favore della riforma ma ha schierato in campo per il NO gente come Giorgetti e Borghi.
Stessa storia vale per le altre formazioni che, pur di non smentire il voto iniziale, hanno lasciato libertà di voto nella speranza del miracolo finale. Va dato atto al fiuto politico della Meloni, unica a mantenere la posizione iniziale, che ha blindato il partito per il Si.
Risulta quindi ben chiaro come , benchè ora siano tutti pronti a cantar vittoria, quest’ultima appartenga ai 5 Stelle e che solo per la loro tenacia si sia arrivati a questo risultato finale.
Ma la festa, come detto prima, non è andata nel modo che per anni , l’avevano sognata, perchè a rovinar tutto ci si son messi gli italiani che , nelle consultazioni locali, sembrano non vogliano seguire il vento di novità propugnato dal Movimento restando saldamente ancorati alle vecchie figure che la politica tradizionale propone.
Che il Movimento 5 Stelle , da sempre, abbia mostrato scarsa capacità penetrativa nelle realtà locali, per la poca o nulla notorietà dei suoi candidati, prezzo che qualunque forza politica di nuovo pelo è costretta a pagare quando si scontra con realtà, invece, ben radicate sul territorio rappresenta, ormai, è un fatto assodato.
Che nelle elezioni politiche nazionali riscuota maggiori consensi, riuscendo ache a quadruplicare i numeri delle consultazioni locali rappresenta anch’esso un dato assodato e la consultazione referendaria di ieri, probabilmente, ne è conferma.
Ma è anche vero che il Movimento si trovi di fronte ad un bivio, un passaggio decisivo, un ennesimo appuntamento storico della sua pur breve storia: occorre fare il salto decisivo, passare definitivamente da movimento di protesta a forza capace di governare, insomma maturare definitivamente.
Probabilmente il messaggio, per nulla subliminale, mandato, ai grillini , dagli italiani in queste ultime consultazioni sta racchiuso in questo semplice concetto: meno toni alti, meno slogan, più proposte concrete magari uscendo di più dai palazzi del potere tornando, come in origine, tra la gente.
L’esperienza di governo con il PD potrebbere essere un’occasione unica per creare le basi di una vera opposizione alle destre, una strada difficile da percorrere ma che, a conti fatti, si sta già dimostrando possibile e credibile.
Questo matrimonio, inizialmente forzato, tra PD e M5S potrebbe rivelarsi alla lunga vincente per entrambe le forze politiche: per il PD un’occasione per spurgarsi , grazie al controllo stretto dei grillini molto sensibili alla questione morale, da quelle cattive abitudini che hanno creato il malcontento e la conseguente disaffezione tra il popolo della sinistra, per i 5 Stelle l’opportunità di crescere velocemente accanto ad un partito ben strutturato ed abituato a governare.
Giuseppe Conte, autentico jolly a sorpresa sfornato dalla politica, potrebbe rappresentare, grazie alla sua competenza, serietà e capacità di mediazione, il giusto collante tra le due forze di governo nonchè figura di riferimento per entrambi.
La riduzione del numero dei parlamentari e la necessaria riforma della legge elettorale che dovrà, assolutamente, prevedere il ripristino delle preferenze , togliendo alle segreterie dei partiti il potere di scelta e praticamente, di nomina degli eligendi, contribuirà, infine, a ripristinare quella qualità della politica che è andata e perdersi negli ultimi anni.