La donazione di organi, un atto di amore: la posizione della Conferenza episcopale calabra

 La donazione di organi, un atto di amore: la posizione della Conferenza episcopale calabra

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Il tema della donazione degli organi e della sensibilizzazione delle persone alla donazione è da qualche mese all’attenzione della Chiesa calabrese. La Conferenza Episcopale Calabra, infatti, alla fine dello scorso anno ha affrontato il tema ponendolo, con una lettera del suo presidente, Mons. Vincenzo Bertolone, Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace (in calce il link della lettera) all’attenzione dei presbiteri e chiedendo loro di sottoporlo alle comunità parrocchiali nei modi e nei tempi che riterranno idonei, “giacché è materia concreta di solidarietà e amore verso il prossimo”. Ciò al fine di riuscire a comunicare ai fedeli che “la cultura della donazione è parte integrante e fattore fondamentale di un’autentica pratica della solidarietà e di un’etica civile altruistica”.

Com’è noto, infatti, il trapianto è la terapia d’intervento necessaria a supplire le gravi disfunzionalità d’organi. Sebbene la donazione di organi sia oggi considerata una globale priorità, la domanda di organi supera notevolmente l’offerta. La Calabria, tuttavia, come hanno segnalato le associazioni di categoria e, in particolare l’ANED, i cui rappresentanti si sono incontrati sull’argomento con S.E. Mons. Bertolone (ne abbiamo segnalata la notizia nel nostro giornale, in calce il link), è agli ultimi posti tra le Regioni d’Italia per numero di donatori ed è al di sotto della media nazionale. Comprendere per quale ragione si decida o meno di donare potrebbe risultare l’unico modo per creare politiche di terapia trapiantologica utili a limitare tale carenza.

Il trapianto di organi, infatti, è la cura che permette la sopravvivenza del paziente, come il trapianto di cuore, polmone, fegato, o il miglioramento della qualità della vita, come il trapianto del rene. Ogni anno in Italia, come nel resto del mondo, migliaia di persone sono colpite da gravi patologie la cui unica cura è rappresentata dalla sostituzione di un organo o parte esso gravemente danneggiato, attraverso il trapianto di organi.

Il problema che oggi pone la terapia trapiantologica, è da ricercarsi, non tanto nelle strutture ospedaliere abilitate ad effettuarla, quanto nella mancanza di organi.

In alcuni casi, tale carenza è determinata da timori nei confronti della donazione, che a volte sono da perplessità nei confronti della metodologia scientifica, a volte sono di tipo etico e tante persone si pongono il problema di conoscere con esattezza la posizione della propria religione rispetto a tale tematica che è di grande rilevo.

A tal fine, Mons. Bertolone, al fine di sgombrare ogni dubbio sulla posizione della Chiesa cattolica, premette che “non è assolutamente contraria alla donazione d’organi, anzi non solo la ritiene come compatibile con la morale cristiana, quanto la considera come atto di altruismo, nobile e meritorio da incoraggiare come manifestazione di generosa solidarietà”.

Per ribadire la favorevole posizione della Chiesa sulla donazione degli organi che è, quindi in piena linea con il Comandamento “Amerai il prossimo tuo come te stesso”, Mons. Bertolone, nella sua lettera, rammenta le posizioni più volte espresse anche recentemente “per promuovere percorsi virtuosi in grado di diffondere la solidarietà umana e di educare alla vita buona del Vangelo”.

Il Catechismo della Chiesa (punto 2296), come ricorda Mons. Bertolone, espressamente  recita che “Il trapianto di organi è conforme alla legge morale se i danni e i rischi fisici e psichici in cui incorre il donatore sono proporzionati al bene che si cerca per il destinatario. La donazione di organi dopo la morte è un atto nobile e meritorio ed è da incoraggiare come manifestazione di generosa solidarietà.”

Sin dagli anni ’50, Papa Pio XII aveva esaltato la figura di don Gnocchi che aveva donato le sue cornee a due bimbi ciechi, quando ancora il magistero della Chiesa non aveva ancora espresso un parere definitivo sulla questione della donazione degli organi e il nostro Paese ancora non si era dato una legge in materia. Ci pensò don Gnocchi, primo donatore di organi, a spingere l’una e l’altro a prendere posizione in merito.

Mons. Bertolone ricorda, poi, il significativo pensiero di Giovanni Paolo II il quale, già nella Lettera Enciclica Evangelium vitae, affermava che tra i gesti che concorrono ad alimentare un’autentica cultura della vita “merita un particolare apprezzamento la donazione di organi compiuta in forme eticamente accettabili, per offrire una possibilità di salute e perfino di vita a malati talvolta privi di speranza”.  Il Pontefice, infatti, considerava i trapianti “una grande conquista della scienza a servizio dell’uomo” grazie alla quale “non sono pochi coloro che ai giorni nostri sopravvivono”.  Pertanto, sempre secondo Giovanni Paolo II la medicina dei trapianti si rivela, in un’ottica di autentica cultura del dono e della solidarietà “uno strumento prezioso nel raggiungimento della prima finalità dell’arte medica, il servizio alla vita umana”.

Lo stesso Pontefice, nel corso del 18° congresso internazionale della Società dei Trapianti, ebbe ad affermare:

“”I trapianti sono una grande conquista della scienza a servizio dell’uomo e non sono pochi coloro che ai nostri giorni sopravvivono grazie al trapianto di un organo.

La medicina dei trapianti si rivela, pertanto, strumento prezioso nel raggiungimento della prima finalità dell’arte medica, il servizio alla vita umana. Per questo, nella Lettera Enciclica Evangelium vitae ho ricordato che, tra i gesti che concorrono ad alimentare un’autentica cultura della vita “merita un particolare apprezzamento la donazione di organi compiuta informe eticamente accettabili, per offrire una possibilità di salute e perfino di vita a malati talvolta privi di speranza”.

Tuttavia, come accade in ogni conquista umana, anche questo settore della scienza medica,mentre offre speranza di salute e di vita a tanti, non manca di presentare alcuni punti critici, che richiedono di essere esaminati alla luce di un’attenta riflessione antropologica ed etica.

Un primo accento è da porre sul fatto che ogni intervento di trapianto d’organo, come già in altra occasione ho avuto modo di sottolineare, ha generalmente all’origine una decisione di grande valore etico: “la decisione di offrire, senza ricompensa, una parte del proprio corpo, per la salute ed il benessere di un’altra persona”. Proprio in questo risiede la nobiltà del gesto, che si configura come un autentico atto d’amore. Non si dona semplicemente qualcosa di proprio, si dona qualcosa di sé, dal momento che “in forza della sua unione sostanziale con un’anima spirituale, il corpo umano non può essere considerato solo come un complesso di tessuti, organi e funzioni…, ma è parte costitutiva della persona, che attraverso di esso si manifesta e si esprime”.  Di conseguenza, ogni prassi tendente a commercializzare gli organi umani o a considerarli come unità di scambio o di vendita, risulta moralmente inaccettabile, poiché, attraverso un utilizzo “oggettuale” del corpo, viola la stessa dignità della persona””.

 Determinato e persuasivo è stato anche il pensiero espresso in merito da Papa Benedetto XVI il quale, con inequivocabili parole, ci ha insegnato “La donazione di organi è una forma peculiare di testimonianza della carità. In un periodo come il nostro, spesso segnato da diverse forme di egoismo, diventa sempre più urgente comprendere quanto sia determinante, per una corretta concezione della vita, entrare nella logica della gratuità. Esiste, infatti, una responsabilità dell’amore e della carità che impegna a fare della propria vita un dono per gli altri, se si vuole veramente realizzare se stessi. Come il Signore Gesù ci ha insegnato, solamente colui che dona la propria vita potrà salvarla”.

L’atto d’amore che viene espresso con il dono dei propri organi vitali –ha detto Papa Benedetto – permane come una genuina testimonianza di carità che sa guardare al di là della morte perché vinca sempre la vita”.

Infine, Mons. Bertolone, ricorda anche Papa Francesco il quale, in occasione della XX Giornata nazionale su Donazione e Trapianti di Organi, Tessuti e cellule, citando il catechismo della Chiesa, ha affermato che “la donazione di organi è un atto nobile e meritorio”, autorizzando i membri delle associazioni presenti in Piazza San Pietro ad incoraggiare la donazione di organi per generosità, ribadendo, tuttavia, che l’utilizzo commerciale degli organi è immorale e un crimine contro l’umanità.

E’ indubbia, pertanto, la posizione favorevole della Chiesa sui trapianti di organi e sull’incoraggiamento alla donazione gratuita, partendo tuttavia dalla consapevolezza delle condizioni etiche necessarie per tali donazioni che comportano “l’obbligo di difesa della vita e della dignità del donatore e del ricevente, oltre che precisi “doveri degli specialisti. Se, da un lato per tutti coloro che praticano la chirurgia del trapianto si pone la necessità di perseguire una continua ricerca sul piano tecnico-scientifico, per assicurare il miglior successo dell’intervento e la miglior tutela possibile della sopravvivenza, dall’altro “si impone un continuo dialogo con i cultori delle discipline antropologiche ed etiche, per garantire il rispetto della vita e della persona e per fornire ai legislatori i dati per una necessaria e rigorosa normativa in materia.

Sappiamo che il dono di organi e tessuti può ridonare la salute o migliorare in modo netto la qualità di vita delle persone così che donare qualcosa di sé per il bene dell’altro, per lo più un prossimo sconosciuto, oltre che a costituire un aiuto alla medicina, è un modo per realizzare il senso della nostra vita che è vita buona quando è vita per l’altro. Nell’imperante egoismo dilagante, la donazione di organi rappresenta una scelta profetica e controcorrente, un atto squisito di solidarietà e di misericordia.

Il prelievo di organi può avvenire sia dal vivente, sia dal cadavere, ma sempre rispettando la dinamica del dono, ispirata a libertà a gratuità: una persona che vende sé o parti di sé diventa cosa, perché solo le cose si comprano e si vendono.

Il consenso esplicito al prelievo è, pertanto, condizione per la donazione da vivente e parimenti è condizione necessaria la possibilità che, dopo la donazione, il donatore possa continuare a vivere senza rischi per la sua salute e rispondere alle sue responsabilità di carità familiari e sociali. La morale cattolica chiede che anche il prelievo da cadavere sia compiuto in seguito a una volontà di donazione espressa in vita, perché il cadavere, pur non essendo più «persona», è però vestigio e memoria della persona e contiene un riverbero della dignità personale, per cui non può essere trattato come un qualsiasi oggetto da manipolare a volontà. Infatti, lo stesso Catechismo della Chiesa, al citato punto 2296, espressamente prevede che “Non è moralmente accettabile se il donatore o i suoi aventi diritto non vi hanno dato il loro esplicito consenso. È inoltre moralmente inammissibile provocare direttamente la mutilazione invalidante o la morte di un essere umano, sia pure per ritardare il decesso di altre persone”.

Dinanzi a questa conquista della medicina che offre speranza di salute e di vita occorre, comunque,  una riflessione antropologica ed etica che deve avere come criterio fondamentale di valutazione la “difesa e promozione del bene integrale della persona umana”. Ciò significa che ci sono dei limiti che non si riducono all’eventuale impossibilità tecnica di realizzazione, ma riguardanti il rispetto della stessa natura umana intesa nel suo significato integrale. Infatti ciò che è tecnicamente possibile, non è per ciò stesso moralmente ammissibile.

All’origine di ogni intervento di trapianto ci deve essere una decisione di grande valore etico: la decisione di offrire, senza ricompensa, una parte del proprio corpo, per la salute ed il benessere di un’altra persona”, nobile gesto che si configura come un autentico atto d’amore. Non si dona semplicemente qualcosa di proprio, si dona qualcosa di sé, dal momento che “in forza della sua unione sostanziale con un’anima spirituale, il corpo umano non può essere considerato solo come un complesso di tessuti, organi e funzioni, ma è parte costitutiva della persona, che attraverso di esso si manifesta e si esprime. Del valore di questo gesto, come ebbe giustamente ad evidenziare Papa Benedetto, dovrebbe essere ben cosciente anche il ricevente, destinatario di un dono che va oltre il beneficio terapeutico, ed è capace di incrementare la cultura del dono e della gratuità.

Da ciò consegue che risulta moralmente inaccettabile ogni utilizzo di commercio, scambio o vendita di organi, poiché viola la dignità stessa della persona.  Dinanzi alla decisione di donare o ricevere gli organi consegue, pertanto, la necessità di un consenso informato. Questo comporta che la persona sia adeguatamente informata perché il suo consenso o diniego sia cosciente e libero. L’eventuale consenso dei congiunti ha un suo valore etico quando manchi la scelta del donatore.

In questo argomento, non privo, come si è visto, di punti critici la via maestra da seguire, pertanto, come ebbe ad affermare Benedetto XVI, fino a quando la scienza giunga a scoprire eventuali forme nuove e più progredite di terapia, dovrà essere la formazione e la diffusione di una cultura della solidarietà che si apra a tutti e non escluda nessuno.  Per “una medicina dei trapianti corrispondente a un’etica della donazione, in altre parole, serve “da parte di tutti l’impegno per investire ogni possibile sforzo nella formazione e nell’informazione, così da sensibilizzare sempre più le coscienze verso una problematica che investe direttamente la vita di tante persone. Tutto ciò, ha concluso il Papa, per fugare pregiudizi e malintesi, dissipare diffidenze e paure” e “sostituirle con certezze e garanzie”.

La Calabria, come ha evidenziato Mons. Bertolone, è una terra meravigliosa, ricca di uomini e di donne dal cuore aperto, capaci di grandi doti cristiane ed umane che si esprimono in tutte le realtà associative, laiche ed ecclesiali, attraverso tanti valori, come la tensione al bene e il senso di solidarietà, valori, che devono essere sempre meglio incanalati nella luce del Vangelo.

 Sicuramente il tema della donazione di organi, in questo contesto sociale può trovare terreno fertile, ma richiede, sicuramente, alle comunità ecclesiali una permanente e capillare azione formativa e catechetica, nonché un’attenta vigilanza, onde evitare ambiguità, valutando tutto con il metro della Parola di Dio e dell’insegnamento ecclesiale.

E’ importante, pertanto, incentivare nelle diverse parrocchie il dibattito culturale sui tema della donazione di organi, attraverso incontri, dibattiti, iniziative di sensibilizzazione alla vera solidarietà a all’amore verso il prossimo, coinvolgendo tutte le componenti della comunità ecclesiale e rivolgendosi, attraverso le varie forme della comunicazione sociale e dei new media, a coloro che, pur lontani dalla fede, mostrano interesse per i grandi temi dell’umanità, pensando ad un’attività pastorale che faccia andare “le pratiche esteriori del culto” che tante volte mancano “del soffio animatore della vera pietà e si riducono a vuoto formalismo o ad un vaporoso ed evanescente sentimentalismo religioso”, prevedendo e progettando idonei percorsi formativi, soprattutto per i giovani, promuovendo una campagna “culturale”, a partire dal mondo della scuola e della famiglia, per rendere ogni cittadino consapevole di come donare sia un piccolo gesto ma che può realizzare un sogno grande: quello della vita!

Anche se oggi può sembrare scontato parlare della liceità dei trapianti d’organo, vi sono ancora remore e perplessità, non tanto su un piano di principio, quanto su quello delle applicazioni operative. Legittimamente nascono timori circa possibili abusi ed emergono paure antiche sulla profanazione della propria corporeità, e, poi ci si divide sulle modalità di richiesta del consenso.

Purtroppo siamo in un’epoca segnata dall’egoismo e dal più esasperato individualismo, mentre il dono dei propri organi dovrebbe essere fortemente percepito come una “nuova via dell’amore”.

L’ammirazione di figure eroiche che spesso hanno immolato la loro vita per quella degli altri, non deve far dimenticare che “gesti” non meno eroici, anche se modesti, anonimi, non chiassosi, sono alla portata di chiunque, anche nostra.

Tutti possiamo disporre della nostra organicità corporea, per liberare dalla schiavitù della dialisi un malato, o per ridargli la vista; tutti possiamo salvare la vita di un altro uomo, consentendo il prelievo di un organo da un nostro familiare defunto; tutti possiamo essere più generosi e meno paurosi in quella particolare forma di trapianto, che è l’emotrasfusione (o donazione di sangue).

Decidere di donare i propri organi è un gesto di grande generosità, un atto di grande civiltà e di rispetto per la vita.

Donare vuol dire spontaneamente e senza ricompensa qualcosa che ci appartiene. Quando perdiamo una persona amata è difficile, in un momento di sofferenza così profonda, pensare agli altri, pensare a qualcuno che è malato e che, se non avrà un nuovo organo, avrà un’aspettativa di vita molto bassa.

E’importante, perciò, essere bene informarti e scegliere e decidere in vita come esprimersi rispetto alla donazione. In questo modo, da un lato si ha la possibilità di elaborare una posizione personale in merito alla donazione e si può essere certi che la propria volontà venga rispettata; dall’altro lato, si sollevano i propri familiari da una scelta difficile in un momento delicato.

Si può essere solidali con il prossimo – come ha affermato Mons. Bertolone – in molti modi: con l’aiuto ai deboli, il soccorso ai bisognosi, il conforto per chi soffre. Ma la donazione degli organi rappresenta un gesto ancora più umano e generoso!”

Rendersi utile è una delle cose che da più soddisfazione nella vita. Donare i propri organi è certamente il modo migliore di dare un senso alla vita: donando ad altri una nuova speranza di vita!

Sono passati molti anni da quando si sono sperimentati i primi trapianti. Oggi trasferire gli organi da un corpo che muore ad uno che può continuare a vivere non è più un miracolo ma una straordinaria opportunità che la scienza offre all’uomo che muore: quella di accendere una speranza in un’altra famiglia, di alleviare il dolore di altre persone, di placare mille altre sofferenze!

Oggi non deve essere più percepita come una scelta eroica, né tantomeno incomprensibile, quella di un genitore che acconsente al prelievo di organi dal corpo di un figlio deceduto bensì come un gesto di “normale umanità”, di comprensibile solidarietà: coloro che acconsentono all’espianto degli organi dal corpo di un caro defunto ricorderanno con orgoglio, per il resto della vita, il gesto compiuto.

La donazione di organi e il successivo trapianto d’organi è una battaglia tra la vita e la morte, vinta dalla scienza.

Ogni anno in Italia migliaia di persone sono colpite da gravi malattie agli organi vitali e per molte il trapianto (la sostituzione di un organo malato con uno sano) rappresenta l’unico rimedio. Nessun dono costa di meno al donatore e nessun dono offre al ricevente un beneficio maggiore!
Se consideriamo che da un donatore si possono potenzialmente prelevare i due reni, il fegato, il pancreas, i due polmoni, il cuore e le due cornee con cui poter aiutare ben otto persone, è evidente l’enorme contributo che ogni donatore può dare per salvare più vite.

Il trapianto per alcuni ammalati, come quelli con insufficienza epatica o cardiaca, è la vita. Per i pazienti con insufficienza renale la dialisi (terapia sostitutiva della funzione renale) garantisce comunque la sopravvivenza ma al prezzo di una degradante qualità della vita: sottoporsi alla dialisi vuol dire dipendere da una macchina, che è il rene artificiale, al quale bisogna collegarsi per tre volte alla settimana per una durata di quattro ore a seduta. Anche per questi pazienti il trapianto, dunque, vuol dire liberarsi da questa dipendenza, riacquistare una libertà perduta!

Promuovere la cultura della donazione è, tra l’altro, un passo concreto per disincentivare il fenomeno del turpe mercato degli organi, sviluppato in alcuni Paesi asiatici e latino-americani, ed alimentato anche da chi ritiene giustificabile superare in questo modo la propria sofferenza connesse.

E’ anche un passo per rompere definitivamente quel diaframma di pregiudizio e di non conoscenza che spesso separa la solidarietà dichiarata di ciascuno dalla effettiva disponibilità personale a donare.

Nella nostra Calabria è fortemente radicata la cultura della solidarietà che è diffusa e presente sul territorio nella attività del volontariato sociale, assistenziale e sanitario.

Vi è dunque una forte potenzialità che occorre far emergere, ed è qui che le parrocchie, le associazioni di volontariato presenti sul territorio possono svolgere un ruolo prezioso.

Mons. Bertolone, ricorda anche “la triste vicenda del piccolo Nicholas Green, il piccolo bambino californiano, venuto in Italia per una vacanza con i genitori, vi trovò la morte ad opera della malavita calabrese nel 1994. Nonostante il peso della tragedia subita e il senso di rivalsa contro il nostro Paese che avrebbero potuto provare, i genitori di Nicholas acconsentirono all’espianto degli organi, che furono donati a sette italiani in attesa di trapianto”.

E’ importante, conclude Mons. Bertolone, “riuscire a comunicare ai fedeli che la cultura della donazione è parte integrante e fattore fondamentale di un’autentica pratica della solidarietà, di un’etica civile altruistica”.

Certamente esistono convinzioni personali che vanno rispettate, ma non dimentichiamo che per la Chiesa cattolica non solo che non vi è alcun impedimento per il credente a donare i suoi organi,  ma  questo atto assume un valore di amore per l’altro e che far dono di se stessi è un altissimo concetto e valore evangelico che non possiamo non riconoscere come essenziale e deve costituire il modello della nostra vita.

C’è da sperare che i tutti i calabresi, e non solo i fedeli, maturino la convinzione che la donazione è un gesto di carità e amore ed è anche un gesto di civiltà e solidarietà umana che prescinde dal credo religioso e sappiano consapevolmente decidere su questa scelta. E’ importante che ognuno di noi prenda una posizione in merito e non lasci questa decisione ai propri cari, in un momento difficile. Infatti, nel caso in cui un cittadino non si sia espresso in vita sulla donazione di organi e tessuti, saranno interpellati dai medici i familiari aventi diritto: coniuge, convivente more uxorio, figli maggiorenni e genitori. È bene discuterne in famiglia, affrontare insieme l’argomento e informare i propri cari della scelta fatta.

Ricordiamo che in Italia il principio del silenzio-assenso non ha mai trovato attuazione e, per questo, vige il principio del consenso o dissenso esplicito.  Si può dichiarare la propria volontà sulla donazione di organi e tessuti in tanti modi:

-alla propria Asl di appartenenza, richiedendo e firmando l’apposito modulo;
-all’ufficio anagrafe del Comune in occasione del rilascio o rinnovo della carta d’identità;
-scaricando il tesserino blu del Ministero della Salute, disponibile sul sito del Centro Nazionale Trapianti; in questo caso il tesserino deve essere custodito nel portafoglio;
-iscrivendosi all’Aido (Associazione Italiana per la Donazione di Organi, tessuti e cellule);
-riportando la propria volontà su un foglio bianco, firmarla e datarla; anche in questo caso è necessario portare sempre con sé la propria dichiarazione;

-compilando una delle donor card distribuite dalle associazioni di settore tenendola nel portafoglio.

                                                                                                                             Luigi Bulotta

Il documento di Mons. Bertolone:

http://www.calabriaecclesia.org/Pages/ComunicatiDetail/4870/DONAZIONE_DI_ORGANI%C2%BB_IL_MESSAGGIO_DELLA_CONFERENZA_EPISCOPALE_CALABRA

 

 

La donazione degli organi all’attenzione della Conferenza Episcopale calabra

 

 

 

 

 

 

 

 

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