Fincalabra: confermato il sequestro di beni per 1,5 milioni a carico dell’ex presidente Luca Mannarino
E’ stato confermato dal Giudice delegato della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Calabria il sequestro di beni per oltre 1,5 milioni (14 beni immobili e conti correnti) a carico di Luca Mannarino, ex presidente di Fincalabra spa, la finanziaria regionale, ente in house della Regione Calabria. Il sequestro era stato disposto dalla Procura regionale della stessa Corte, guidata dal procuratore regionale Rossella Scerbo.
Il provvedimento, eseguito dalla Guardia di finanza, giunge al termine dell’iter giudiziario che a dicembre aveva portato alla condanna di Mannarino per aver distratto fondi comunitari ad impiego vincolato, utilizzandoli per l’acquisto di strumenti finanziari “ad altissimo rischio” e provocando, all’atto del disinvestimento, un rilevante danno alle casse Il provvedimento di sequestro emesso dall’autorità giudiziaria contabile catanzarese rappresenta uno dei primissimi casi di applicazione, su scala nazionale, del cosiddetto sequestro conservativo “in pendenza dei termini per la presentazione dell’appello”, previsto dall’articolo 75 del codice di giustizia contabile. in pratica, le somme ritenute oggetto di danno erariale sono state sequestrate dalla Guardia di finanza subito dopo la condanna in primo grado, a garanzia del risarcimento per le casse dello Stato.
Le somme erano state tratte da finanziamenti comunitari ad hoc, che Fincalabra Spa (ente in house della Regione Calabria, istituito a sostegno del sistema produttivo regionale) aveva l’obbligo di investire in strumenti finanziari con rating non inferiore ad A+, ossia sicuri ed a basso profilo di rischio, proprio per evitare che le risorse pubbliche venissero dilapidate in prodotti a elevato tasso di volatilità.
Il manager di Fincalabra, invece, nel 2015 aveva investito i quasi 47 milioni di questo finanziamento in operazioni finanziarie ad altissimo rischio che, nel giro di sei mesi, avevano condotto a maturare l’elevata perdita secca sul capitale investito, che la Corte Dei Conti ha riconosciuto come danno erariale.