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Emilia Zinzi: nel centenario della nascita dell’illustre catanzarese il suo nome è ancora ricordato in una strada abbandonata
Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Emilia Zinzi, (Catanzaro il 15 aprile 1921, Catanzaro 9 settembre 2004) che rappresenta una delle figure di rilievo della scena culturale calabrese del secondo Novecento. E’ stata definita “sentinella della memoria” nella storia del patrimonio artistico e architettonico italiano per il suo operato all’interno delle istituzioni, con le sue battaglie per la consapevolezza dell’importanza del patrimonio culturale calabrese, con l’ampiezza dei suoi studi messi a disposizione della comunità scientifica. E’ stata una storica dell’arte italiana, nota in tutta Italia, soprintendente onorario della Soprintendenza conservazione dei monumenti e degli oggetti d’antichità e d’arte della Provincia di Catanzaro.
Si laureò a Roma e iniziò a dedicarsi alla ricerca storico-archeologica alla catalogazione e valorizzazione dei beni storico-artistici, nonchè alla scoperta e salvaguardia delle aree territoriali sconosciute e, naturalmente, agli aspetti urbanistici dei siti oggetto di studi in Calabria e Basilicata.
Nel 1956 vinse il primo concorso a cattedra per l’insegnamento della Storia dell’arte , e cominciò a insegnare nel liceo classico Pasquale Galluppi di Catanzaro.
Nel 1957, le fu conferita la carica di “Ispettore onorario per la conservazione dei monumenti e degli oggetti d’antichità e d’arte per la provincia di Catanzaro”. In tale veste diede inizio ad una vasta opera di ricognizione nell’intera regione, e, tra le innumerevoli segnalazioni, nel 1961, ebbe il merito di sottrarre alle ruspe la città greco-romana di Scolacium, oltreché il centro di Botricello-Myria, nel 1967. Nel corso della lunga carriera tale fu la validità riconosciuta ai suoi risultati scientifici pur sui processi insediativi evolutisi dal V al VII secolo, che influente videro la presenza di Cassiodoro, in un territorio all’interno del quale lo stesso aveva fondato un Monastero e un Centro di Studi, che non poté non essere altamente considerata da personalità quali Ermanno Arslan.
Dal 1968ebbe inizio la sua attività di docente di Storia dell’Arte presso Facoltà di Architettura dell’ Istituto Universitario di Architettura”, oggi diventata Università di Reggio Calabria, ove concentrò i propri interessi, anche nella didattica, sull’architettura e l’ambiente storico, sul rapporto con la pianificazione urbanistica, nella prospettiva di una restituzione integrata della dimensione sociale, economica e agronomica dei topos, con particolare riguardo, come detto, al territorio calabro-lucano. Costante fu l’impegno al recupero dell’habitat dal Medioevo all’età moderna. La sua attività di studio la portò a tenere costanti contatti con Bologna e Roma, ottenendo la nomina di “Componente del collegio docente interuniversitario per il dottorato di ricerca in Conservazione dei beni architettonici del Politecnico di MIlano”, con specifico impegno per “Storia e Conservazione” (1984).
In una situazione di prevalente carenza negli studi urbanistico-territoriali sulla regione, prendevano luce i suoi lavori sull’insediamento dall’età antica all’Ottocento: le analisi dedicate al territorio e cultura delle Serre, l’iter di formazione e sviluppo di Catanzaro e di Vibo Valentia-Monteleone, il sistema territoriale Borgia-Squillace-Stalettì e le vicende delle città abbandonate (Mileto-Cerenzia-Cirella).
Nel 1982 organizzò il Congresso per la Deputazione di Storia Patria per la Calabria, con la Professoressa Maria Mariotti, e da allora si avviò un vivace dibattito nazionale sulla crescente problematica del patrimonio culturale calabrese, sui rapporti fra storia e operatività tecnica, dando eco alle sue denunce, non senza rischi per la propria incolumità, sulla deprecabile condizione dei siti cultuali e archeologici, sul degrado ambientale e strutturale (fra tutte quelle fatte a più riprese per l'”ecomostro di Copanello”, la Congrega di Santa Maria del Carmine, il Palazzo Serravalle, L’Oratorio del Carmine e del Rosario, la Chiesa di Sant’Omobono, ecc…) e gettando le linee programmatiche di un recupero finalizzato alla fruizione scientifica e all’uso sociale dei siti archeologici e degli edifici di culto.
Insomma una grande donna, una storica d’eccezione, appassionata dell’arte e della sua terra che ha dato lustro alla Calabria e, in particolare, a Catanzaro dove è nata e dove sicuramente dovrebbe essere ricordata dandole merito per quanto ha fatto e per quanto ha dato alla città ed alla nostra terra. Per ricordare questa grande figura di donna il Comune di Catanzaro, pensò di intitolarle una strada. Ci si sarebbe aspettata una strada centrale, in una zona in vista che desse merito ad una persona di così alto spessore e, invece, il nome di Emilia Zinzi è attribuito a una stradina, quasi una mulattiera, che s’insinua tra Viale dei Bizantini e Via D. M. Pistoia, un luogo del tutto recondito, sicuramente da pochissimi conosciuto e, per giunta, ora in stato di degrado e totale abbandono.
Nel 2016 sulla vicenda prese posizione il consigliere Domenico Concolino che sollecitò l’allora assessore ai Servizi Demografici, Giovanni Merante, a individuare una strada o piazza più congrua da dedicare alla studiosa scomparsa, rispetto a quella già da tempo a lei dedicata e che appare del tutto irrispettosa della figura di Emilia Zinzi. “Il ricordo di Emilia Zinzi non può essere svilito e oltraggiato accostando il suo nome ad una mulattiera. Si proceda alla revoca dell’intitolazione della stradella che porta il suo nome”, così si espresse Concolino sulla vicenda, ma la cosa passò nel dimenticatoio come tante cose altre cose che meriterebbero attenzione e che invece vengono trascurate in questa città. Catanzaro ha perso pure la straordinaria biblioteca di Emilia Zinzi che la famiglia ha preferito donare all’Università della Calabria e non alla biblioteca comunale De Nobili.
Sulla deplorevole vicenda è intervenuto nel 2019 Alfredo Serrao, presidente dell’associazione “I Quartieri”, affermando a proposito della strada intitolata alla Zinzi “C’era una volta una città che aveva rispetto per i suoi cittadini. Era una città che coltivava il sentimento della memoria, che riconosceva a suoi concittadini illustri, quelli che nel loro cammino di vita, le avevano consentito di distinguersi e di farsi riconoscere, come comunità civile, nel contesto mondiale, della scienza, delle arti, delle professioni, della cultura. Questa era la città di Catanzaro“. Ma tutto è rimasto come prima.
E’ questa l’attenzione che meritava Emilia Zinzi? E’ la domanda che si pongono tanti catanzaresi e soprattutto tanti suoi allievi del Liceo Classico Pasquale Galluppi di Catanzaro che ancora ricordano le sue appassionate lezioni con le quali riusciva a inculcare l’amore per l’arte e per tutto ciò che di bello l’uomo riesce a realizzare.
Nella ricorrenza del centenario della nascita di Emilia Zinzi ci si sarebbe aspettata qualche iniziativa di rilievo nella sua città natale per ricordare questa donna. Le Associazioni Italia Nostra, Catanzaro nel Cuore e Cara Catanzaro, con una lettera indirizzata al Sindaco e agli Assessori alla cultura e turismo avevano chiesto qualche iniziativa per ricordare Emilia Zinzi definita oltreoceano tra le migliori menti del XX secolo che ha dedicato la sua esistenza alla ricerca, alla valorizzazione e alla difesa del patrimonio ambientale, archeologico e architettonico della nostra terra, lasciando in eredità il frutto faticoso e appassionato dei suoi studi in un inestimabile patrimonio librario. Ma nessuna iniziativa è stata fatta. Un webinar è stato invece realizzato dall’Associazione Culturale “Emilia Zinzi” di Catanzaro, in collaborazione con il Museo Diocesano di Rossano-Cariati per dare saggio dell’impegno civile di documentazione del patrimonio storico-artistico e architettonico della città di Corigliano-Rossano, con particolare riferimento alla cultura italo-greca, oggetto di numerosi contributi scientifici della storica dell’arte.
A Catanzaro rimane ancora quella stradina abbandonata che porta il suo nome e, per fortuna, a suo nome è almeno intitolato l’archivio storico cittadino a testimonianza dell’impegno profuso dalla docente, in oltre cinquant’anni di lavoro, alla ricerca, salvaguardia e valorizzazione della città e del Meridione tutto.
Luigi Bulotta