E’ a rischio il ponte Morandi di Catanzaro? Il sussulto dei catanzaresi dopo il disastro di Genova

 E’ a rischio il ponte Morandi di Catanzaro? Il sussulto dei catanzaresi dopo il disastro di Genova

Ponte Morandi di Catanzaro: è a rischio? E’ ciò che  da tempo si chiedono i catanzaresi e quanti ogni giorno arrivano a Catanzaro per lavoro o altri motivi e che ora, alla luce dell’evento drammatico che ha colpito la città di Genova, causando diversi morti e feriti, riprendono a chiedersi con insistenza, grande preoccupazione e allarme.

Com’è noto, infatti, la vicenda del ponte Bisantis (già denominato Morandi, dal nome del suo costruttore), opera mastodontica e fondamentale via di accesso alla città, è da tempo alla ribalta delle cronache.  Il nostro giornale si è anche occupato con alcuni servizi del problema evidenziando la necessità che si faccia chiarezza sulla vicenda. Da anni, infatti, circolano periodicamente sui media e social alcune foto del famoso ponte di Catanzaro  che ritraggono piloni con evidenti segni di degrado del cemento, con parte delle armature di ferro a vista e arrugginite in quanto lo strato di cemento superficiale è saltato, e si ripresenta l’interrogativo per i catanzaresi e gli automobilisti in generale, se la struttura possa essere rischio di crollo. Questo stato di degrado e l’inerzia delle istituzioni preposte, ha fatto allarmare la cittadinanza.

Già qualche anno fa, il Sindaco Sergio Abramo, sollecitato da cittadini e associazioni allarmati dalle foto circolate, ma anche da visioni dirette di alcune parti della struttura, nonchè dai servizi giornalistici e televisivi, si era recato presso l’ANAS e il Capo compartimento aveva assicurato che il ponte non presentava problemi strutturali, ma che necessitava solo di un intervento di manutenzione ordinaria per il quale erano stati stanziati cinque milioni di euro e che si attendeva la progettazione esecutiva dell’intervento per il quale erano stato richiesto uno stanziamento di 400mila euro.

Il Capo compartimento quindi confermava le buone condizioni del ponte, in grado di sopportare il carico viario, e che i lavori da eseguire avrebbero determinato il pieno recupero e la pulizia delle zone superficiali. Dell’esecuzione di questi lavori non si è avuto alcun riscontro. Anzi, il nuovo direttore dell’area Calabria Anas, in una intervista rilasciata a un’emittente televisiva, pur rassicurando sulle condizioni statiche del viadotto e confermando la necessità di interventi manutentivi, aveva dichiarato che il primo intervento manutentivo avrebbe potuto essere effettuato entro il 2018.

Il ponte Bisantis, com’è noto, costituisce il fondamentale raccordo stradale tra il versante ovest della città (quartiere Gagliano), quello nord (Sila), quello sud (Statale 280, quartiere Catanzaro Lido), con il centro storico attraverso il tunnel del San Giovanni e rotatoria Gualtieri, nonchè con il versante est (cioè il quartiere Siano). E’ quotidianamente attraversato nei due sensi di marcia da migliaia di autovetture, autobus, camion e altri mezzi pesanti, nonché da tantissimi pedoni che raggiungono a piedi il centro dai quartieri periferici e vi fanno ritorno.

Il ponte progettato dal noto ingegnere Riccardo Morandi fu inaugurato nel 1962. La costruzione fu deliberata dall’Amministrazione provinciale di Catanzaro negli anni cinquanta, sotto la presidenza di Fausto Bisantis, al fine di dotare la città di una comoda via d’accesso dal versante occidentale collegando la Strada dei due mari con il centro storico e la Sila. L’appalto fu affidato nel 1958 dall’allora presidente della Provincia Aldo Ferrara, alla società Sogene.

Il progetto originario prevedeva un ponte a tre archi, ma Morandi, alla fine si determinò a realizzarlo in calcestruzzo armato, retto su un’unica grande arcata, non solo per ragioni di economia, ma perché il terreno di fondazione sul fondo del fiume era di natura alluvionale, mentre le pareti erano di natura rocciosa.

Il ponte, quindi, è strutturato in un unico arco, sia stradale che pedonale, ed è composto da un’unica carreggiata a tre corsie.

All’epoca della costruzione era il secondo ponte ad arco singolo in cemento armato in Europa e nel mondo per ampiezza della luce dopo lo svedese Sandobron e il primo in Italia. Oggi il ponte è uscito da queste classifiche internazionali, ma rimane, comunque il secondo in Europa per altezza (superato dal Los Tilos Arch in Spagna), undicesimo in Europa per luce e primo in Italia per luce, altezza e lunghezza.

A maggio 2017, finalmente l’ANAS annuncia ufficialmente il programma di interventi per mettere in sesto il ponte. Questi tanto attesi lavori, dopo polemiche, allarmismi, servizi giornalistici, sembravano, questa volta, prossimi all’avvio. Infatti, si era tenuto, presso la Prefettura di Catanzaro, un apposito tavolo presieduto dal Prefetto dell’epoca, Luisa Latella, al quale hanno partecipato oltre ai rappresentanti dell’ANAS, quelli della Regione Calabria, della Provincia e del Comune di Catanzaro, dei Carabinieri e della Questura. Il programma dei lavori prevedeva una durata di ben tre anni (quanto il tempo occorso per costruirlo) con la deviazione del traffico  dei mezzi pesanti e degli autobus di linea. Quindi, un consistente e lungo intervento che già faceva pensare che lo stato di salute del ponte non era dei migliori!! Peraltro, si prevedeva anche la collaborazione del Dipartimento strutture dell’Università della Calabria per definire un progetto di miglioramento sismico di tutta la struttura del ponte.

I catanzaresi fiduciosi, hanno tirato un sospiro di sollievo. Sembrava fosse giunto il momento di rispettare gli impegni assunti, dal momento che, secondo quanto emerso nel corso dell’incontro in Prefettura, i primi lavori avrebbero dovuto iniziare nella seconda settimana di giugno 2017. Insomma, i tempi sarebbero stati lunghi, ma quanto meno, finalmente si cominciava a fare qualcosa.

I lavori iniziano, in effetti, l’11 luglio, viene interrotta una corsia per consentire l’attività del cantiere; l’ANAS comunica che si avvierà un primo intervento di manutenzione straordinaria su un pilone, lato galleria del Sansinato e che sarà avviato un piano di indagini per individuare tutte le aree ammalorate; viene montata l’impalcatura su un pilone. Sembrava, quindi, tutto a posto per dar corso a questo consistente e tanto atteso intervento. Ma, dopo aver montato questa prima impalcatura, improvvisamente non si vedono più operai (salvo che non lavorassero di notte!!!); il divieto di transito viene rimosso per gli autobus, mentre rimane quello per i mezzi pesanti, ma sembra che nessun lavoro venga più eseguito, pur dopo tanti mesi dall’avvio.

Cosa sia successo non si è saputo; è certo, ovviamente che il problema rimane e che il tempo potrebbe peggiorare la situazione e, comunque, allungare i tempi di realizzazione del necessario intervento manutentivo.

Dopo mesi di apparente inattività, l’Anas, a maggio scorso annuncia la ripresa dei lavori di manutenzione straordinaria per il risanamento del ponte, comunicando che un primo lotto di lavori di risanamento su due cavalletti, del valore di un milione di euro, sarebbe in procedura di gara e di prossima aggiudicazione proprio nello stesso mese di maggio. Altri due lotti di uguale importo sarebbero in fase di progettazione e si conterebbe di appaltarli nel mese di giugno.

Sarebbero poi in programma interventi più consistenti per assicurare il miglioramento sismico della struttura per raggiungere il più alto livello di sicurezza, in considerazione che il ponte ha oltre cinquanta anni. Per tale intervento sarebbe stato attivato il supporto tecnico dell’Università della Calabria con un previsto investimento di 10 milioni di euro. A tal fine si starebbe approntando un progetto le cui procedure di gara sarebbero in corso e l’aggiudicazione sarebbe dovuta avvenire nel prossimo mese di luglio.

L’Anas ha voluto, in tal modo, rassicurare quanti erano preoccupati ed allarmati, dando una risposta ai tanti interrogativi che i cittadini si erano posti sembrando i lavori programmati caduti nel dimenticatoio. L’Anas ha pure evidenziato che sono stati già effettuati degli interventi di ripristino sulle zone particolarmente degradate provvedendo al ripristino dello stato di passivazione dei ferri, integrando l’armatura corrosa e ripristinando i copriferro.

Cosa si è fatto da allora non è dato sapere, fatto sta che sul ponte, al di là dell’impalcatura presente da almeno un anno su un pilone non sembrano vedersi lavori e la vicenda di Genova ha giustamente creato grandissimo allarme e preoccupazione.

Il Capo Compartimento dell’ANAS, si è subito attivato a rassicurare la popolazione precisando che la tipologia strutturale del ponte di Catanzaro è diversa da quell di Genova. Il nostro ponte è , infatti,ad arco, mentre quello di Genova è un ponte strallato. Quindi non si possono accomunare i due ponti che hanno, peraltro, una storia e una fase di lavorazione diversa una dall’altro.  In ogni caso   il ponte Bisantis è monitorato dai tecnici i quali ne controllano la staticità e non ci sono pericoli di crollo. Per il mese di settembre sarebbero in programma vari interventi progressivi che proseguiranno secondo la tempistica preodinata.

Basteranno queste dichiarazioni a rassicurare i tantissimi catanzaresi e non che ogni giorno attraversano il ponte nei due sensi di marcia?

Esiste un altro ponte che porta la firma di Morandi, si trova ad Agrigento, è lungo 4 chilometri e fu realizzato nel 1970. Nel 2017 il sindaco di Agrigento ne ordinò la chiusura parziale per cedimenti e pericolo di crolli e per poter procedere a lavori di consolidamento. Un altro ponte fu progettato da Morandi sul Wadi al-Kuf in Libia, a 20 chilometri da Beida. E’ stato chiuso nell’ottobre del 2017 a causa del deterioramento strutturale. Nel 1952 progetta il ponte sull’Arno tra Empoli e Spicchio di Vinci che è stato inaugurato nel 1954; l’alluvione del 1966 fece crollare uno dei pilastri e venne demolito nel 2011 per la costruzione di una nuova struttura.  Un ponte gemello di quello di Genova si trova sulla baia di Marcaibo, nell’altra parte dell’Oceano, il «General Rafael Urdaneta»,sempre progettato da Riccardo Morandi. Lungo 8,7 chilometri, con 135 campate di cui le sei centrali con lo stesso schema statico di quello di Genova, è crollato nell’aprile del 1964 quando la petroliera Exxon Maracaibo, a causa di un guasto urtò contro due pile della struttura in modo violento da far crollare completamente le stesse pile e trascinando in mare tre campate del ponte che comunque era stato progettato per far transitare il traffico navale.

Senza entrare in valutazioni tecniche di competenza degli addetti ai lavori, leggendo alcuni testi, rileviamo che il cemento, nel tempo, manifesta la sua vulnerabilità all’azione degli agenti atmosferici. La vulnerabilità del cemento armato è da tempo all’attenzione di studiosi per individuarne le cause e soprattutto le più idonee tecniche d’intervento da adottare per il ripristino. Una delle cause del degrado è dovuta all’aggressione dell’anidride carbonica (CO2) che si può manifestare in due diversi modi a seconda del contesto in cui si trova. Nelle opere esposta all’aria, come il nostro ponte, si verifica la carbonatazione del calcestruzzo, mentre nelle opere idrauliche si verifica il fenomeno del dilavamento della pasta cementizia.

La carbonatazione è determinata dalla penetrazione dell’anidride carbonica nel calcestruzzo che fa trasformare la calce in carbonato di calcio. Se la struttura diventa carbonatata il pH si abbassa e, raggiungendo livelli al di sotto di alcuni limiti, lascia i ferri esposti all’aggressione dell’ossigeno e dell’umidità presenti nell’aria e così si innesca un processo di corrosione delle armature di ferro che si aumentano di volume e fanno saltare il copri ferro che si distacca dall’armatura. Una volta che il calcestruzzo è degradato il deterioramento dei ferri sarà sempre più veloce, dal momento che si creeranno vie di accesso più agevoli sia per l’ossigeno che per l’umidità. Ovviamente questo fenomeno, senza adeguati interventi, porta ad un progressivo degrado del cemento e di tutta la struttura. Se il problema oggi può essere solo superficiale per il distacco dei copri ferro, col tempo potrebbe interessare più a fondo la struttura.

Questo processo di progressivo deterioramento interessa il ponte Bisantis  che oggi ha ben 55 anni??

D’altronde i crolli di infrastrutture stradali in Italia stanno diventando sempre più frequenti e il fenomeno è veramente preoccupante e non può assolutamente essere sottovalutato.

Sulla vicenda della tenuta dei ponti in cemento armato si è espresso l’ing. Antonio Occhiuzzi, direttore dell’Istituto di tecnologia delle costruzioni del Consiglio Nazionale delle Ricerche, secondo il quale decine di ponti in Italia hanno superato la durata di vita per la  quale sono stati progettati e costruiti. Peraltro, negli anni ’60 i manufatti venivano costruiti in funzione di carichi nettamente inferiori rispetto a quelli attuali e la durata non avrebbe superato i 50 anni e nel frattempo il numero dei veicoli circolanti si è notevolmente moltiplicato senza che le varie strutture esistenti siano stato oggetto di manutenzione e di consolidamento.

Il dramma che Genova sta vivendo rende necessario un momento di seria riflessione sulla vicenda da parte di tutte le autorità e istituzioni preposte; al di là delle tempestive assicurazioni pervenute dall’ANAS, che non si vogliono assolutamente mettere in discussione, la popolazione ha pieno diritto ad avere complete, esaurienti e documentate informazioni sulle verifiche effettuate, da cui possa desumersi la effettiva staticità dell’opera, sui lavori eseguiti, sui lavori da effettuare, su ogni aspetto che possa rassicurare ed evitare allarme e panico. Potrebbe essere utile istituire presso la Prefettura un tavolo permanente tra tutte le amministrazioni coinvolte che monitori tutte le attività e fornisca costanti informazioni ai cittadini. Non bisogna aspettare le tragedie, non servono, a fatto compiuto, le indagini, i sequestri e gli avvisi di garanzia, quando i disastri si sono verificati e la gente ha perso la vita.

E’ utile richiamare il monito del Presidente Mattarella dopo l’evento di Genova: “Gli italiani hanno diritto a infrastrutture moderne ed efficienti che accompagnino con sicurezza la vita di tutti i giorni. Nessuna autorità potrà sottrarsi a un esercizio di piena responsabilità: lo esigono le famiglie delle tante vittime, lo esigono le comunità colpite da un evento che lascerà il segno, lo esige la coscienza della nostra società nazionale”.

Parole significative che resteranno solo parole di circostanza se non seguiranno fatti concreti per evitare nuove tragedie.

Urgono concrete e tangibili assicurazioni, in modo da evitare ingiustificato  panico e allarme sociale che non giovano  a nessuno e creano  maggiore sfiducia nelle istituzioni.

Luigi Bulotta

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