UNICAL: il prof. Rubino eletto Capo del Dipartimento di Scienze giuridiche e aziendali
Coronavirus: le riflessioni della Consolidal Sezione di Roma, un vero fatto sociale che mette a rischio le persone fragili e anche il sistema carcerario
In questi giorni difficili per il Paese, il “sottile equilibrio” che regola la vita all’interno degli Istituti di pena si è fortemente incrinato, determinando l’insorgere di moti spontanei di rivolta in molte carceri.
L’irruzione dell’emergenza coronavirus in una situazione di privazione della libertà con tutto il corollario di stress, depressione, dipendenze patologiche e sovraffollamento, ha ingenerato una miccia esplosiva.
L’emergenza coronavirus ha indotto le autorità competenti a indurre importanti limitazioni, indubbiamente necessarie, per prevenire l’insorgenza e lo svilupparsi di focolai infettivi in ambito penitenziario, questo al fine di inibire, giustamente, effetti catastrofici per tutti coloro che insistono a qualsiasi titolo all’interno delle strutture, per garantire contestualmente salute e sicurezza. Ma forse, ci domandiamo, se ad alcune misure già prese, se ne potevano aggiungere anche delle altre; infatti oltre al blocco dei trasferimenti che hanno interessato istituti penitenziari nelle zone a rischio è stato disposto, in tutta Italia, che i colloqui dei detenuti con i familiari siano interrotti e per fortuna , solo ora si è deciso che potranno essere sostituiti, nei limiti del possibile, da colloqui telefonici.
Era per molti versi prevedibile che questa restrizione trovasse una forte resistenza nei detenuti, che vivono con angoscia la solitudine e ora hanno anche la preoccupazione leggittima per la salvaguardia della loro salute e per i loro familiari, sentimento che sta accomunando tutti noi !
Da qui forse, la necessità , che l’Amministrazione Penitenziaria e il Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità, in questo delicato momento che sta attraversando l’Italia, riescano a coniugare la tutela della salute con la necessaria tutela dei diritti fondamentali dei detenuti, con particolare attenzione al settore minorile, la cui perdita dell’affettività con i loro familiari e ora anche con le figure di riferimento, tra cui quelle scolastiche, sociali e altre, sta ingenerando in loro un maggiore senso di smarrimento e di abbandono.
Il sovraffollamento della popolazione carceraria, di certo ha rappresentato e rappresenta un’ulteriore difficoltà, l’universo carcerario costa di circa 62.00 detenuti distribuiti in 190 carceri per adulti e in 17 Istituti Penali per minorenni a cui vanno sommate le decine di migliaia di lavoratori che operano all’interno delle strutture nei vari ruoli, a partire dalla Polizia Penitenziaria, dai direttori, dagli agenti, dagli educatori, assistenti sociali ,mediatori culturali e da tutti gli altri operatori tra cui: medici, psicologi, ,infermieri, insegnanti, volontari, cappellani e altri che realizzano il trattamento intra – murario sancito dalla nostra legislazione.
Forse non sarebbe bastato, per evitare quanto successo, prevedere di consentire un unico colloquio alla settimana ad un solo componente del nucleo familiare, sottoponendolo alla misurazione della temperatura e definendo delle procedure rigide e condivise con i rappresentanti dei ristretti?
Così come forse non sarebbe stato più opportuno comunicargli da subito la possibilità di telefonare per 20 minuti ai propri famigliari, a fronte dei 10 attualmente previsti dall’ordinamento penitenziario? E dove possibile consentire anche il collegamento attraverso video telefonate via Skype e nel circuito penale minorile.cosentirgli di comunicare il più possibile?
Non sarebbe opporuno consentire a minori e giovani adulti ristretti, di avere comunque operatori specializzati disponibili al loro ascolto ?
Non si sarebbe potuto prevedere che, a chi fruisce già della semilibertà, la possibilità di poter rientrare nella propria abitazione la sera invece che in carcere in questo periodo di Coronavirus? E ancora, perchè non consentire, inoltre, nei casi di fragilità già documentate, di fruire della detenzione domiciliare? Perchè non attivare procedure accelerate dei permessi a partire da quelli premiali?
Certamente bisognerà con forza chiedere alle Aziende Sanitarie, cui compete la tutela della salute dei detenuti, dopo il passaggio della medicine penitenziare al Servizio Sanitario Nazionale, la presenza e il potenziamento del servizio, che già prima di questa crisi, in molte strutture, non risultava funzionale ai bisogni della popolazione carceraria, a causa dei tagli avvenuti neglia anni nella Sanità e che hanno colpito chi voce non ha.
Consapevoli che tale richiesta aggraverà già il pesante carico di lavoro che sta portando avanti il nostro sistema sanitario, dimostrando al mondo intero la sua indiscussa eccellenza, nonostante i tagli subiti negli anni e la forte carenza di personale e di mezzi. Sono gli angeli del nosto Paese!
Un sistema sanitario che vede i suoi operatori in prima linea solo protesi a costo della loro vita a salvare coloro che assistono,che stanno lavorando senza sosta dimostrando la grande professionalità ed umanità che contraddistingue il nostro paese dagli altri sistemi sanitari operanti anche in Europa.
Le Asl infatti dal 2008 devono garantire il servizio sanitario infermieristico, specialistico e di assistenza psicologica. Tutte attività che prima di quella data erano gestiti dal Ministero della Giustizia e dai medici e infermieri e psicologi dipendenti dallo stesso, i quali non dovendo garantire la loro attività per altri utenti della popolazione, fornivano una risposta immediata ai bisogni emergenti delle strutture chiuse.
Ci permettiamo di sollecitare questi interventi per tutta la popolazione detenuta, ma, in special modo, per i minori; difatti l’ attuale situazione di tensione e di paura si trasforma in angoscia a causa della privazione della libertà, della distanza dai propri affetti, dell’impossibilità di autodeterminarsi incidendo fortemente sul versante psicologico,con tutto ciò che ne consegue: dalla semplice rabbia a forme di aggressività auto o etero diretta che nei minori viene più difficilmente controllata per freni inibitori non maturi.
Da qui l’importanza di utilizzare tutte le possibili misure alternative e di comunità previste dalle recenti normative; ciò vale anche per gli adulti, in base a quanto previsto nel novellato ordinamento penitenziario. Per i minori e i giovani adulti, recidere l’affettività con i propri famigliari non significa forse negare i diritti umani di cui i minori sono titolari in base ai dettami della nostra Costituzione e alla convenzione di New-York?
Alla luce dei fatti che hanno coinvolto le strutture carcerarie , un sentito ringraziamento va alla polizia penitenziaria, ai direttori e agli educatori che, sono riusciti a gestire l’emergenza all’interno del sistema carcerario.
A tutti loro va riconosciuto il merito di essere autentici servitori di questo nostro Stato!
Un dato è certo: una volta superata la fase emergenziale del Coronavirus, una volta attuate le dovute misure precauzionali, sarà necessario stabilire un confronto tra i diversi attori (amministrazione penitenziaria, Dipartimento Giustizia Minorile e autorità sanitarie) per attuare quanto previsto al momento del passaggio delle competenze sanitarie in carcere, dal Ministero della Giustizia alle Regioni.Ovviamente servono finanziamenti adeguati per tutto il sistema sanitario. in questa direzione non ci si può poi girare dall’altra parte, una volta che tutto è superato.
In merito a quanto accaduto nelle carceri italiane, ci siamo posti altre domande e da qui abbiamo formulato , seppure sommariamente, alcune riflessioni che potrebbero contribuire al dibattito in corso nel paese.
Le scienze umane e sociali insegnano che il sistema di aspettattive in condizioni limitative della libertà personale tende ad assumere una postura rigida, in special modo fra quei detenuti che non possono accedere alle misure alternative o sostitutive alla detenzione di coloro che sono in attesa di giudizio, alla prima esperienza detentiva o i minorenni.
Privare il detenuto del diritto di ricevere visite dei propri riferimenti affettivi impatta violentemente con un setting di aspettative rigido e totalizzante, nella misura in cui il ristretto subisce da un punto di vista cognitivo ed emotivo, una netta e surrettizia delusione delle aspettative. l’ inaspettata limitazione o interruzione delle visite che il detenuto riceveva in maniera costante e prevedibile, può facilitare la rapida emersione di un forte senso di impotenza.
Entro questa logica egli si percepisce in balia di un evento ingestibile, sul quale non può avere alcun controllo o margine di azione, dunque di autonomia. Oltre alla totale incapacità di gestire le informazioni sul fenomeno del contagio, fuori e dentro l’istituto di pena, il detenuto, privato della possibilità di ricevere le rassicurazioni emotive da parte dei propri cari, non ha più una chiara fonte di senso a cui attingere per placare il senso di emarginazione a cui è costantemente sottoposto stante la restrizione intra-muraria.
Inoltre questo precipitato emozionale di segno negativo non può che essere acuito dalla paura della sospensione delle attività ordinarie e dall’impossibilitàdi accedere ai permessi, alla misure alternative o sostitutive alla detenzione.di vedere svolgere le udienze ,di poter colloquiare con i propri avvocati ,di vedere inevase le loro richieste previste dall’ordinamento penitenziario, e altro.
In tali specifiche circostanze, il ristretto può attuare due modalità di re-azione: una condotta auto -lesiva alimentata da un sentimento di angoscia o, nel verso opposto, una condotta etero-lesiva, alimentata e veicolata da una forte aggressività verso l’ambiente esterno e nei confronti dello stesso istituto di pena e dei suoi operatori. Il rischio a cui si va incontro è rappresentato da una rottura dei legami e degli equilibri che, nel tempo il personale penitenziario sia civile che di polizia costruisce con la popolazione detenuta, superando innumerevoli difficoltà.
Grazie che ci siete, grazie per quello che fate!
Ma la problematicità emerse all’interno delle strutture penitenziarie con i loro riflessi negativi si evidenziano anche fuori dalle mure ,investendo la società intera. La definizione del problema dunque non concerne la sola sfera sanitaria, ma assume la forma di in un vero proprio fatto sociale, in grado di danneggiare le persone più fragili, i senza tetto, gli ammalati, i poveri e tanti, tanti anziani. Quest’ultimi espressione tangibile delle nostre radici e della nostra memoria.
Sono gli anziani che ci hanno trasmesso i valori , che ci hanno garantito il benessere , la conquista dei diritti umani e civili, i sistemi democratici, la capacità di affrontare e superare le catastrofi.
Ora, come se ciò non fosse mai avvenuto, sono mortificati e classificati come un peso sanitario e non solo sociale.
Questo per noi è veramente inaccettabile, poichè privo di quell’etica senza la quale una comunità non può definirsi tale!
Un albero al quale sono recise le proprie radici al primo colpo di vento viene spazzato via!
Per tal motivo è un dovere morale stare accanto agli anziani e alle persone fragili, agli ultimi . così da ridurre la percezione di isolamento e di inutilità che alcuni di loro vivono quotidianamente ed ora ancora di più.
La ridotta possibilità di “incrociare” persone e conoscenti, di mantenere quelle relazioni sociali, seppur ridotte ma per loro vitali, di abbandonare le proprie abitudini quotidiane, tra cui la diminuzione delle interazioni verbali all’interno degli esercizi commerciali di prossimità o nei bar o nei centri loro dedicati o nei campetti di bocce, possono incidere in maniera distorsiva sulla percezione del rischio legato al Coronavirus, sovrastimandolo, come sta accadendo adesso imprevedibilmente anche a molti di noi.
Non lasciamo che accada!
Sul fronte dell’autopercezione, le rigide limitazioni, necessarie ma che tutti dobbiamo seguire, le informazioni spesso contraddittorie, potrebbero, se non gestite e governate, a livello intrapsichico, modificare i nostri abituali comportamenti, ingenerando in noi improvvise e mai prima praticate o vissute condotte “evitanti”, “antisociali” ,”ossessioni gravi” o disturbi psico – somatici, che portano a sconfinare in patologie paranoiche e psicotiche in persone fragili o sottoposte a forti stress rispetto ad eventi mai provati o immaginati. In tal caso non ci riferiamo solo all’anziano, ai fragili ad alcuni adulti , ma anche ai bambini. Ricordatevi sempre di sorridere ai bambini e di impegnarli non tanto con i loro smartphon, ma con giochi coinvolgenti, abbracci, fiabe da riscoprire nella vostra memoria. Riempiteli di sorrisi, di abbracci come diceva anche in situazioni di normalità il santo Papa Roncalli, immaginatevi cosa avrebbe detto ora !
Dobbiamo infine preoccuparci di tutti coloro che non hanno sviluppato un’attitudine all’interazione digitale o che non possiedono un computer o un cellulare di ultima generazione o pur possedendolo non lo sanno usare compiutamente.
Diventa a questo punto vitale disporre, oltre della televisione, della radio dei libri, dell’ascolto della musica , della presenza fisica, di almeno una persona, unica vera fonte di significato emotivamente rassicurante .
Per chi è solo o in situazione di emarginazione sociale dobbiamo dimostrare ancora più vicinanza e solidarietà, provvedendo a rafforzare i servizi di assistenza e di volontariato ed anche quelli di assistenza spirituale.e domestica.
Il monito che noi vogliamo lanciare è il seguente : Perchè le istituzioni e la società civile si attivano solo in circostanze emergenziali, per poi tralasciarle definitivamente una volta superate?
Le politiche sociali, culturali, educative, formative, sanitarie,sportive, devono diventare il volano per il nostro grande Paese e noi , oggi più di ieri, mostrarci orgogliosi di essere italiani, perchè la nostra storia non è virtuale!
In questa delicata fase del post-moderno dobbiamo mettere in campo tutta la nostra responsabilità di cittadini, rispettando le limitazioni imposte , e lasciandoci guidare da quel sentimento di speranza insito nella nostra mente, nel nostro cuore e nella nostra formazione. E’ questo lo stesso sentimento che ci ha fatto sempre stare uniti e insieme, nonostante le apparenze, e insieme ce la faremo, forti di quell’umanesimo culturale che ha accompagnato la nostra storia e permeato la nostra esistenza.
Grazie infine ai medici, agli infermieri, agli Oss, agli assistenti sociali, ai volontari, alle forze di polizia, alla polizia penitenziaria ,ai vigili del fuoco ,ai carabinieri ,insomma e a tutti coloro che operano nella Pubblica Amministrazione, nel commercio, nelle piccole medie imprese, nell’agricoltura, nel turismo e nell’artigianato, a tutti coloro che stanno garantendo la nostra sostenibilità. A supporto delle professionalità sopra citate non si potrebbe dare ausilio in prima linea, facendo rientrare su base volontaria i pensionati, così come fatto nella Sanità?
Poniamo un’ultima domanda ci poniamo: Ma l’Europa dov’ è?
Ci auguriamo che i padri fondatori possano dare uno scossone di risveglio ai loro eredi perchè, invece di somigliare a loro, ci fanno tornare alla mente l’immagine di “Ponzio Pilato”.
Certamente ci serviranno dei forti aiuti, finanziari ed economici, perché tutti i settori colpiti possano ricostruire il nostro Paese, dare lavoro ai giovani, aprire i cantieri, investire sui nostri beni culturali e artistici ,sui nostri territori , sulle nostre filiere aziendali e commerciali, anche perché, senza gli Italiani e l’Italia crollerebbe l’Europa!
#noirestiamoacasa fatelo anche voi, ma per favore prendete i colori della speranza e disegnate nella vostra fantasia tanti arcobaleni, perché possiamo raggiungere il porto, ma dipende solo da ciascuno di noi, allora forza facciamolo insieme!
Come diceva Emanuele Kant, la legge, in questo caso un divieto, va rispettata per amore del dovere, non per passiva obbedienza o per timore della pena per il trasgressore. La norma deve essere autonomamente interiorizzata, non subita.
Restiamo a casa e rispettiamo le regole!
A cura di:
Dott.ssa Serenella Pesarin – Socio – Psico – Psicoterapeuta, esperta nel settore penale e minorile – Presidente “Consolidal Sezione romana”
Dott. Luigi Bulotta – Avvocato Segretario nazionale Consolidal e Vice Presidente “Consolidal sezione romana”
Dott. Alessandro Ugo Imbriglia – Sociologo e Socio Fondatore “Consolidal sezione romana”
Dott.ssa Simona Montuoro – Psicologa – Psicoterapeuta e Segretario “Consolidal sezione romana”