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Chiusura dei negozi nelle domeniche e giorni festivi: divisa l’opinione pubblica
Chiudere i negozi nelle domeniche e negli altri giorni festivi, sembra uno degli obiettivi che il Governo intende raggiungere entro questo anno, come ha dichiarato nei giorni scorsi il Ministro Luigi Di Maio, anche se è molto accesso il dibattito sull’argomento e divergenti sono le opinioni.
Infatti, alcuni disegni di legge sono all’esame della Commissione Attività Produttive della Camera e tendono a far tornare l’obbligo di tenere i negozi chiusi la domenica e nei giorni festivi (due proposte sono della maggioranza -Lega e Movimento % stelle), una del PD e una di iniziativa popolare), con diverse rimodulazioni delle attuali norme, che prevedono, al contrario, la liberalizzazione degli orari e con l’obiettivo di tutelare le piccole attività commerciali che non hanno la possibilità di tenere aperto anche nei festivi.
Entrambe le proposte della maggioranza prevedono di ripristinare l’obbligo di chiusura domenicale. La norma messa a punto dai rappresentanti del Carroccio prevede che siano le Regioni, d’intesa con gli enti locali, a mettere a punto un piano per la regolazione degli orari di apertura dei negozi, che preveda la chiusura domenicale e nei giorni festivi. In base a questa proposta, è possibile prevedere delle deroghe, ad esempio per il mese di dicembre e per altre quattro giornate festive nel corso dell’anno. Da questi obblighi sono esenti le località turistiche e i piccoli comuni montani.
Anche il disegno di legge del M5S prevede l’esclusione degli esercizi commerciali che si trovano nelle località turistiche, mentre è più flessibile sul ripristino dell’obbligo generale, che va modulato sempre attraverso un piano regionale, prevedendo una rotazione nei giorni di apertura domenicali e festivi. Per ogni settore merceologico è previsto che, potrebbe rimanere aperto il 25% degli esercizi attivi nel Comune di appartenenza, senza superare i 12 giorni festivi annui.
La proposta di legge di iniziativa popolare elimina semplicemente la liberalizzazione, ripristinando quindi l’obbligo di tenere i negozi chiusi nei festivi.
La proposta del PD mantiene, invece, la liberalizzazione degli orari, escludendo però alcune festività: primo gennaio, 6 gennaio, 25 aprile, domenica e lunedì di Pasqua, primo maggio, 2 giugno, 15 agosto, primo novembre, 8, 25 e 26 dicembre. Tuttavia, si lascia la possibilità ad ogni esercizio commerciale di decidere autonomamente sei giornate all’anno di apertura anche nei festivi tutelati dall’obbligo.
Questa riforma che il Governo intende portare avanti e che andrebbe a rivoluzionare il mondo commerciale, ma anche le abitudini degli italiani e dei lavoratori, è uno dei temi caldi di questi giorni e sta facendo tanto discutere e suscitando ampi dibattiti tra chi è favorevole e chi no. Come succede in questi casi, l’opinione pubblica è divisa tra quanti apprezzano la proposta e chi, invece, pone l’attenzione sulle possibili ripercussioni negative, specie in un contesto generale di crisi in cui l’economia fa fatica a riprendere ossigeno.
L’allarme è stato lanciato da Claudio Gradara, presidente di Federdistribuzione, associazione che raggruppa centri commerciali e ipermercati, in una intervista rilasciata al Corriere della Sera: “Chiudere il commercio la domenica, che è diventata il secondo giorno per incasso dopo il sabato” – ha affermato– avrebbe un “effetto negativo sui consumi, già fermi”, mentre “i posti di lavoro a rischio, per l’intero settore, sarebbero tra i 30 e i 40 mila”.
L.B.