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Catanzaro: successo del progetto “Il futuro è di seta”
Continua il successo del progetto “Il futuro è di seta” avviato a Catanzaro dal Club per l’Unesco in collaborazione con l’associazione di promozione sociale Consolidal, Sezione di Catanzaro e con la Rete Museale Regionale Calabria, sotto forma di mostra, non solo retrospettiva, ma propulsiva; infatti, nell’intenzione degli organizzatori, la mostra iniziale, inaugurata lo scorso 11 aprile, che ha visto una enorme presenza di pubblico, oltre che di rappresentanti delle istituzioni, è stata configurata come punto di partenza e non di arrivo, consci che l’arte della seta a Catanzaro è uno dei punti di forza, tra passato e presente, su cui il capoluogo della Calabria deve investire consapevolmente per il proprio futuro.
L’intento è quello di diffondere la conoscenza della storia locale e, nello specifico dell’antica arte della seta, sottolineando l’immenso valore che questa attività ebbe per Catanzaro e per il suo hinterland soprattutto nel periodo compreso tra il 1300 e il 1700 circa, quando essa costituì la principale fonte di benessere economico per l’intera area.
Ma il progetto “Il futuro è di seta”, non è una semplice mostra, ma costituisce l’avvio di varie iniziative per creare, facendo rivivere l’antica arte della seta, uno sviluppo sostenibile del territorio, con l’obiettivo di:
-far conoscere una tradizione di eccellenza attraverso l’esposizione di antichi damaschi, paramenti sacri e manufatti vari di seta: un passato luminoso nel quale le tessiture dei territori calabresi erano conosciute in Europa;
-accendere una “scintilla” per sollecitare anche le istituzioni a programmare la ripresa di un’attività produttiva che possiede la forza di una importante tradizione storica, consentendo la formazione di operatori per la produzione e designers; un progetto di filiera della tessitura (dal baco alla seta), che si fondi sul percorso storico, per generare occupazione di qualità e contribuire alla ricostruzione di un’identità perduta.
È stata importante nell’organizzazione della mostra, la collaborazione del Museo Diocesano di Arte Sacra di Catanzaro (Mudas) che ha concesso in prestito, previa autorizzazione della Soprintendenza, preziosi oggetti e paramenti che permettono di riscoprire più a fondo l’arte serica catanzarese e la sua antica tradizione. Tra i preziosi oggetti spicca senz’altro il piviale, un mantello grandissimo, tutto rosso e laminato oro, oltre a scarpe, calze, diverse tipologie di “pianeta”, paramenti non soltanto locali ma addirittura provenienti da Napoli o altrove, di differenti tessuti e colori.
Oltre a prodotti frutto della tessitura serica catanzarese e calabrese, sono poste in mostra alcune tessiture non calabresi per consentire confronti tra arti seriche e stimolare relazioni future: l’arte della seta di San Leucio con la straordinaria partecipazione del Real Museo del Belvedere, e l’arte della seta in Cina, nell’ambito del Decennio Internazionale Unesco per l’Avvicinamento delle Culture, per favorire anche una riflessione sulla costruzione del dialogo e dell’integrazione attraverso la conoscenza dell’arte e dei siti eccellenti del mondo, Patrimonio dell’Umanità.
La mostra, allestita in Piazza Matteotti, nei locali dell“Ex Stac”, di recente mirabilmente restaurati, e che resterà aperta al pubblico fino al 15 maggio, è meta di un flusso continuo di visitatori che mostrano grande interesse e apprezzano l’iniziativa avendo la possibilità di ammirare da vicino importanti pezzi della nostra storia e della nostra tradizione.
L’arte della seta a Catanzaro ha, infatti, una lunga e antichissima tradizione, che oggi diversi, specie i giovani, non conoscono.
Lo storico catanzarese, Vincenzo D’Amato, nello suo libro intitolato “Memorie historiche dell’illustrissima, famosissima, e fedelissima città di Catanzaro, risalente al 1670, scriveva:
““Hora godendo Catanzaro una perfettissima quiete diedesi alla coltura delle piante sudette, appellate Celsi, o come altri dicono Mori, e col beneficio dell’acque, che l’irrigavan, crebbero in breve con le foglie poi delle quali comincionsi a nutrir il Verme; indi da gusci del detto a cavar nell’acqua bollente la seta; con la pratica d’alcuni Orienteli nella Città commoranti imparando molti la testura di quella, ne fecero drappi di varie sorti; onde in modo vi si stabilì l’Arte””.
Alla luce di questo scritto, si ritiene che l’arte della seta sia stata introdotta a Catanzaro nel 1072, da una casta di Orientali che abitava la città. Secondo una tradizione catanzarese, sia il gelso che il baco sarebbero stati introdotti in Europa proprio in quel secolo che vide la nascita della città e alcune tesi fanno, addirittura, derivare il nome stesso della città dal termine “Katartarioi” ovvero “filatori di seta”.
La produzione del gelso era concentrata nei paesi del circondario; la seta grezza veniva prodotta dalle famiglie contadine e veniva tessuta nelle botteghe artigiane di Catanzaro. Questa attività’ coinvolgeva la maggior parte della popolazione.
Intorno alla fine del ‘400, si formò la tradizione di un incontro primaverile fra i catanzaresi e i mercanti stranieri nel porto di Reggio Calabria dove sbarcavano Spagnoli, Veneziani, Genovesi ed Olandesi.
In ogni caso, sembra certo che i primi centri europei dove si cominciò a lavorare la seta, tra la fine del IX e i primi anni del X secolo d.C. sono Catanzaro e Palermo. Nel 1519 Re Carlo V riconobbe il Consolato dell’Arte della Seta, anche se gli Statuti dell’Arte della Seta, a noi pervenuti sono dell’8 maggio 1568, è certo che a Catanzaro l’Arte della seta era già florida in tempi precedenti, infatti alcuni artigiani furono chiamati in Sicilia per insegnare l’arte del velluto, e in Francia, a Lione e Tours, quando il re Luigi XI decise di istituire nei propri domini la manifattura della seta. A Lione comparve il primo prototipo di telaio meccanizzato attribuito realizzato, nella seconda metà del Quattrocento, da un tessitore catanzarese, noto come Jean le Calabrais, Giovanni il Calabrese, dove era stato invitato da Luigi XI che aveva intenzione di impiantare in loco un’industria di manifattura tessile. Un esemplare di questo telaio è custodito oggi nel Museo delle arti e dei mestieri a Parigi.
Nel 1519 furono pubblicati gli Statuti dell’Arte della seta di Catanzaro, la prima raccolta delle norme tecniche e amministrative per le aziende seriche, tuttora conservata presso la Camera di Commercio.
Nel Settecento, periodo del suo massimo sviluppo, a Catanzaro si contavano ben settemila setaioli e mille telai e si produceva una grande quantità di tessuto damascato, così chiamato perché diffuso da Damasco in Siria e lo stesso baco in dialetto catanzarese veniva e viene chiamato sirico, ad indicare la provenienza dalla Siria. Le produzioni seriche calabresi oltrepassarono i confini nazionali raggiungendo il resto d’Europa, grazie ai Normanni e agli Svevi, in particolare, per merito dell’imperatore di Svevia Federico II, che fu un grande promotore di quest’arte.
L’industria della seta procurava benessere ai cittadini e fama alla città: le manifatture contrassegnate dal simbolo delle tre “V” (Vento, Velluti, Vitaliano, riferiti alla ventosità della Città, ai tessuti di seta e al Santo Patrono della città) erano conosciute ed apprezzate in tutta Europa.
Ancora oggi rimangono le tracce degli antichi splendori in tutte le chiese del posto, dove si possono ammirare ancora i preziosi manufatti, e nella toponomastica cittadina: Via Gelso Bianco, Via Filanda, Vico delle Onde.
Da giovedì 26 aprile, nella sede della mostra, nell’ottica propulsiva del progetto avviato, inizierà una serie di incontri didattici e laboratori di tessitura.
Sta ora non solo alla buona volontà degli organizzatori, che sicuramente c’è ed è consistente, ma soprattutto alla sensibilità e all’impegno fattivo e concreto delle istituzioni, fare in modo di riuscire a tessere, attraverso il recupero dell’arte della seta, uno sviluppo sostenibile per Catanzaro e la Calabria intera.
Luigi Bulotta