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Catanzaro: l’ambasciatore di pace di Betlemme alla mostra “Il futuro è di seta”
Continua con grande fermento ed entusiasmo, arricchendosi di spunti ed iniziative sempre nuovi e coinvolgenti, la mostra della seta dal titolo “Il futuro è di seta”, organizzata dal Club per l’ Unesco, Consolidal e Rete Museale di Catanzaro e inaugurata martedì 11 aprile alla presenza delle associazioni, delle autorità e dei cittadini, la quale resterà aperta al pubblico presso i locali dell’ex Stac in piazza Matteotti fino al 15 maggio. In seguito anche alla collaborazione del Museo Diocesano di Arte Sacra di Catanzaro (Mudas) nell’organizzazione della mostra, con il prestito di preziosi oggetti e paramenti, visibili ai cittadini per permettere di riscoprire più a fondo l’arte serica catanzarese e la sua antica tradizione, si è svolto un laboratorio di tessitura al quale ha preso parte il professor Orlando Sculli, storico esperto di tessitura, che ha offerto il suo prezioso e professionale contributo alla mostra.
Nel corso della serata erano presenti anche l’arch. Teresa Gualtieri, vicepresidente nazionale Unesco e presidente locale del Club per l’Unesco Catanzaro, l’avv. Antonio Nania, vicepresidente nazionale Consolidal, la prof.ssa Marisa Mirabelli e il prof. Nunzio Lacquaniti del Club per l’Unesco Catanzaro. Il tutto durante il paziente lavoro delle tessitrici Paola Versace e Antonella Torchia.
La grande importanza e attualità della mostra ha attirato anche l’attenzione dell’ex sindaco di Betlemme, Victor Batarseh, ambasciatore di pace, che è giunto da poco nel capoluogo regionale in vista del Concerto per la pace del Teatro Politeama, “Un ponte per Betlemme”, e che ha visitato i paramenti e le stoffe. Altri grandi tasselli, insomma, da aggiungere ai precedenti, sempre per l’arricchimento di questo grande spazio a disposizione della città, che rende visibili ai suoi abitanti importanti pezzi della nostra storia e della nostra tradizione.
Nella stessa data, presso la sede Unesco di Catanzaro si è tenuto un dibattito sull’importanza della seta in Calabria e specialmente a Catanzaro, il centro più specializzato nel settore serico di tutta la Calabria. Hanno relazionato Orlando Sculli, che ha svolto un percorso di tipo storico, e Domenico Carteri, che ha analizzato le caratteristiche dei tessuti esposti in connessione con i centri più specializzati di tutto il Regno di Napoli prima e delle Due Sicilie dopo.
Sculli ha esordito indicando il periodo storico in cui la Calabria cominciò a specializzarsi nella produzione della seta, indicandola nel VII secolo d.C., in seguito all’avanzata dell’Islam in Africa settentrionale, che fu sottratta all’impero bizantino. Infatti dopo una lunghissima guerra d’usura tra l’impero persiano, guidato da Khursaw il Vittorioso e quello bizantino retto da Eraclio l’Armeno, sfiniti i due stati e senza più truppe valide da opporre al nuovo stato nascente, quello islamico, furono battuti separatamente. Nel 637 Eraclio l’Armeno fu sconfitto sul Yarmuk dagli arabi, che dilagarono in tutto il Medio Oriente, conquistando poi Alessandria d’ Egitto nel 639 ed avanzando poi verso occidente fino a completare la conquista della Spagna nel 711. Le armate islamiche si rivolsero poi contro i persiani e nello stesso anno 711 raggiunsero Samarcanda.
La conquista araba dell’Africa settentrionale sottrasse alla Calabria il reddito proveniente dal vino che veniva esportato propria in quell’area , in quanto l’islam impediva l’uso del vino, per cui i vigneti in Calabria vennero riconvertiti in coltivazioni di gelsi con le cui fronde venivano allevati i bachi da seta. La coltivazione dei gelsi e conseguentemente l’allevamento del baco era stato mediato dalla Cina e sicuramente era stato sperimentato prima in Siria, provincia bizantina prima del VII secolo e poi da essa aveva raggiunto le altre province dell’impero e anche l’attuale Calabria. Nel Catanzarese il baco da seta veniva denominato Sirico che significa proveniente dalla Siria e questa è una riprova che il baco venne portato in Calabria proprio dalla Siria e certamente prima che fosse conquistata dagli arabi. Del resto, il rapporto con la Siria è dimostrato anche dal Codice purpureo, conservato a Rossano, dove però fu portato dopo la conquista araba da esuli di quella terra.
La coltivazione dei gelsi per il baco si estese in tutta la Calabria, specialmente nei poderi della chiesa greco ortodossa e a questo punto Sculli ha voluto evidenziare questo aspetto cominciando ad elencare il numero di piante di alcuni poderi dei monasteri basiliani riportata nel Brebion (elenco) della chiesa metropolitana di Reggio intorno al 1055. Appunto in questi documenti, analizzati dallo studioso francese Guillou, si riporta quante piante di gelso erano piantate in ogni campo della Chiesa basiliana, assieme al reddito derivante dalla vendita delle fronde.
La produzione della seta divenne una costante in Calabria fino a tempi recenti e addirittura la seta calabrese era considerata una delle migliori del mondo, tanto che gli inglesi tentavano d’incettarla per l’intera produzione, come ci riporta il viaggiatore inglese Swinburne alla fine del settecento. Addirittura Edward Lear viaggiando a piedi in Calabria nel 1847, fu ospitato a Staiti in provincia di Reggio Calabria , dove constatò che tutta la popolazione si dedicava all’allevamento del baco da seta. In conclusione Sculli ha interpretato i motivi di coperte di Ferruzzano, collegandoli culturalmente alla civiltà bizantina. Ha concluso il percorso culturale Domenico Carteri, trovando connessioni tra i motivi degli abiti di produzione catanzarese con quella fantastica di San Leucio, il centro più specializzato nella produzione della seta del regno delle Due Sicilie dalla fine del 700, fino alla caduta del regno.
Massimiliano Lepera