UNICAL: il prof. Rubino eletto Capo del Dipartimento di Scienze giuridiche e aziendali
Estorsioni sessuali virtuali. Cresce la minaccia dei cyber criminali.
Cresce pericolosamente la pratica del sextorsion, crasi che sta per “sex extorsion”, e che indica il crimine delle estorsioni virtuali a sfondo sessuale. La polizia postale parla con preoccupazione di una quadruplicazione di crimini di questo tipo, con centinaia di denunce per anno nelle grandi città italiane. Il copione è sempre lo stesso: l’approccio “virtuale” di una bella ragazza o di un uomo interessante, solitamente attraverso i social network. Qualche conversazione in cui l’intimità cresce, fino ad arrivare alla esplicita richiesta di una connessione via web-cam, o dell’invio di fotografie esplicite. Ottenute le immagini hot i criminali smettono la veste dei seduttori, e minacciando di inviare i contenuti imbarazzanti alla famiglia della vittima o ai suoi colleghi di lavoro, iniziano a pretendere somme di denaro.
La vittima è ormai nella rete dell’estorsore, inizia a pagare e… continua a pagare perché le richieste di soldi non si fermano, e quel video hard rischia di essere sganciato come una bomba a devastare la sua vita.
La polizia postale registra un aumento dei casi, ma la situazione reale deve essere molto più grave considerando che in queste situazioni la vittima, per vergogna, preferisce pagare in silenzio piuttosto che ricorrere alle autorità. Le indagini inoltre sono particolarmente difficoltose: i pagamenti richiesti (solitamente piccole tranche di poche centinaia di euro), vengono fatti utilizzando il money transfer anonimo o carte prepagate clonate e gli estorsori sono criminali esperti in grado di far sparire la propria identità virtuale. In chat, questi delinquenti della rete sono perfettamente in grado di creare in poche battute un’affinità fittizia con la propria vittima. Le vittime preferite sono soggetti ricattabili: persone che hanno una relazione stabile, preferibilmente con prole o coloro che ricoprono ruoli rispettabili e autorevoli.
Ma dalle indagini della polizia emerge una circostanza tristissima: il vero punto debole delle vittime, è la solitudine. Attraverso i social network e le loro chat si tenta di colmare un vuoto esistenziale e questa ricerca di ascolto, comprensione, ricerca di evasione rende particolarmente fragili e poco lucidi.
Anche in questo caso quindi la difesa è il migliore attacco! Se è divertente fare amicizia in chat è bene farlo in maniera graduale, mantenersi sul generico, non dare informazioni sulla propria vita privata e stare attenti soprattutto quando chi ci contatta non ha amici con noi o non scrive bene in italiano (ricordiamo che le organizzazioni che gestiscono questo genere di truffa hanno sede in paesi lontani e stranieri). E se in chat il feeling si crea è meglio chiedere un appuntamento “nel mondo reale”: in un locale pubblico frequentato e che si conosce bene. In ogni caso evitare assolutamente di inviare foto o immagini compromettenti, con qualunque mezzo e a chiunque. Se questa regola vale per gli sconosciuti, il consiglio è di estenderla anche al partner. L’amore purtroppo può finire e un video hard nelle mani di un ex rancoroso è un arma pericolosissima. Le cronache raccontano troppo spesso di donne e uomini la cui vita è stata seriamente incrinata dalla diffusione virale di immagini e video privatissimi proprio per mano di ex partner.
E soprattutto ricordiamo che virtuale non è reale! Anche in questi tempi complessi e frenetici amicizie e relazioni vanno cercati sempre nel mondo reale. La costruzione di una rete di sostegno fatta di amici e parenti è una difesa forte e sicura. E se malauguratamente dovessimo cadere nella rete di un ricattatore bisogna avere il coraggio di denunciare immediatamente l’accaduto, facendoci supportare dalle persone care che certamente saranno al nostro fianco. Anche se ci sentiamo sprofondare per la vergogna, ricordiamo che non siamo noi a doverci vergognare ma il delinquente senza scrupoli che ci ha raggirato con mezzi criminali.
Di Gabriella Noto (avvocato, Associazione “Studio Legale nel Sociale” Napoli)
fonte fotografica: La Stampa