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L’importanza del sostegno delle banche per la crescita economica nel dopo Covid: ne parla l’economista Walter Frangipane
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Quando avremo superato il COVID, con la ripresa economica, nel settore creditizio emergeranno significative Non-Performing Loans (N.P.Ls.), cioè “Crediti in Sofferenza”. La Banca Centrale Europea, che ha già analizzato in passato situazioni di stress finanziario, ha dichiarato qualche tempo fa che avremo davanti “a severe but plausible scenario” cioè “uno scenario grave ma plausibile”. Senza tirar su delle cifre, è ragionevole pensare che i crediti deteriorati delle Banche potrebbero raggiungere picchi – in un immediato avvenire – più alti di quelli rilevati negli anni scorsi.
Probabilmente le Banche in passato hanno preferito riconoscere apertamente poco gli N.P.Ls. (Crediti in Sofferenza) per ovvie ragioni, ma non si sono orientate a fronteggiare in qualche modo il problema. Forse perché non hanno realizzato adeguati ammortamenti? Forse perché la redditività (che non va di pari passo con i profitti conseguiti) non ha dato i risultati auspicati? Oppure perché i Settori Crediti e Legali delle Banche non si sono rivelati all’altezza, cioè non hanno avuto quelle qualità e quelle capacità di avviare azioni di recupero dei crediti, senza incidere negativamente sul comparto produttivo dei loro clienti? È intuibile che il processo di risoluzione degli N.P.LS. d’ora in poi sarà ancor più rallentato e questo potrebbe influire verosimilmente sulla ripresa economica, che richiederà invece una maggiore espansione del credito e la riallocazione del credito stesso su quelle imprese i cui modelli di business si riveleranno premianti nella ripresa economica.
Senza dubbio i crediti deteriorati che insorgeranno in esito alla crisi pandemica differiscono da quelli che le Banche si trascinano dalle loro passate gestioni e differiscono anche dalla crisi del debito sovrano dei Paesi dell’Area Euro. Ma questo non significa che non ci debba essere maggiore sostegno alle imprese, sopra tutto nella fase di ripresa economica, in modo che ci siano più “imprese continuate” e sempre meno “imprese cessate”. Un ruolo molto importante in questo contesto è l’inversione dei ruoli verso modelli di business sostenibili; per quelle imprese che devono o dovranno pur tuttavia affrontare le difficoltà finanziarie causate dal COVID la soluzione migliore rimane sempre la ristrutturazione finanziaria per poter continuare i cicli produttivi, e mai la preclusione, che non farebbe altro che accrescere la perdita del “benessere economico” per tutti i lavoratori di ogni comparto produttivo.
Le Banche dovranno essere più snelle e più incisive nonché immediate nei loro interventi, ma è pur vero che dovranno essere alleggerite dai loro fardelli rappresentati dai crediti deteriorati, per dispiegare più risorse verso le attività produttive, sopra tutto quelle che hanno più bisogno del sostegno creditizio.
La Commissione Europea, per quel che si legge da quanto pubblicato, ha già studiato il fenomeno e ha formulato suggerimenti volti alla cartolarizzazione degli N.P.Ls., cosa già avvenuta in passato, e sta favorendo l’espansione dei mercati secondari in cui le Banche possono cedere i crediti in sofferenza (gli N.P.Ls.), naturalmente creando trasparenza sul “portafoglio” dei crediti stessi, che dovranno essere però ceduti a “prezzi di mercato”. Dai dati pubblicati a Bruxelles non sembra ci siano state risposte significative, forse perché non c’è ancora una base sufficientemente ampia di “Investitori Finanziari Privati” per quei volumi rappresentati dalla Commissione, e quindi potrebbe esser meglio procedere a più ondate successive, perché anche qui bisogna far presto, intervenendo prima che finiscano gli aiuti di Stato.
Sicuramente un ruolo importante lo possono svolgere le A.M.Cs. “Asset Management Companies” (Società di Gestione Patrimoniale), accanto alle soluzioni basate sugli “Investitori Finanziari Privati” poc’anzi citati e potrebbero delineare “a good track” (una buona traccia) per la ristrutturazione dei crediti ed il recupero del valore, concentrando su pochi Istituti Finanziatori Privati. Si eviterebbe così il rischio della svendita sui mercati depressi e si impedirebbe l’insolvenza pressoché totale di quelle imprese che hanno maggiore bisogno di sostegno alla riconversione a al riavvio delle attività produttive: sembra che questo tipo di modello stia per essere assunto in Grecia.
Naturalmente le Banche dovranno migliorare il rapporto di redditività strutturale e produttività, attraverso misure di riduzioni dei costi e rivedendo le “non-core activities” cioè le “attività non fondamentali”, dal momento che il settore finanziario – non bancario – continua ad aumentare in maniera significativa. Nell’ottica di questa politica bancaria si realizzano così le fusioni di Banche e la liquidazione di quelle Banche considerate non redditizie, come peraltro è avvenuto nel recente passato.
Il mercato si rivelerà più snello, ancorché articolato, e le Banche potranno assumere un ruolo molto positivo nonché molto importante per la crescita economica del Paese.
Walter Frangipane – Economista