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Quale futuro in Calabria? Lettera aperta ai giovani, per i giovani di oggi
In linea con un tema di attualità più che scottante, già trattato qualche tempo fa in una lirica dal titolo “A mala Calabria” (apprezzata in diversi concorsi), propongo prosaicamente alcune riflessioni, da condividere soprattutto con i giovani di oggi.
Quale futuro qui? Spesso è la domanda che martella la mente di tanti giovani di questa terra, attanagliati da un dicotomico dubbio: restare e profondersi in sforzi sovrumani per crearsi uno spazio e un futuro proprio nel posto in cui hanno affondato sin da piccoli le loro radici oppure lasciar perdere tutto e dirigersi altrove, alla ricerca di qualcosa che magari nella loro terra appare irraggiungibile? Questi e altri interrogativi costantemente serpeggiano tra coloro che, ormai da anni, più per moda che per concreta realtà, sono chiamati i protagonisti del futuro, coloro ai quali verranno lasciate prima o poi le redini della società, destinati a migliorarla e a creare delle aspettative più rosee di quelle attuali. È proprio questo il punto: prima o poi? Sempre più spesso quel “poi” diventa un domani lontano, e anche quando qualcuno di questi giovani appare già pronto e maturo, lanciato a gonfie vele verso quell’auspicato futuro, c’è sempre qualcosa, o qualcuno, a frenarlo, ritardarlo, addirittura demoralizzarlo, fino a farlo desistere. Qual è allora, ci viene da chiedere, il problema di fondo? Perché molti vanno via e anche chi resta, dopo qualche tempo, decide di fare le valigie e partire lontano verso altri lidi? Nell’antichità si diceva “nemo propheta in patria”, nessuno è profeta in patria. Che non sia uno dei ragionamenti chiave da cui partire?
Sembra un leit motiv, che ritorna sempre sulle bocche di tutti, quella fatidica e ridondante frase (vuota ormai), “lasciamo spazio ai giovani!”. Bisogna premettere che questa terra brulica, per fortuna, di tanti eventi, iniziative, manifestazioni. C’è un fermento culturale che negli ultimi anni non si era mai visto, corredato da talenti e professionalità. Ma si è mai pensato se effettivamente tutti, e proprio tutti, i talenti siano valorizzati? Oppure c’è quella fastidiosa tendenza a dare risalto ed enfasi soltanto ai “soliti noti”? Troppo spesso, purtroppo, in una terra in cui conta essere già “qualcuno” (e come mai si farà a priori? Si nasce già famosi o c’è dell’altro?) ci si pone questo martellante dubbio. La dimostrazione palese nasce dal fatto che, d’altra parte, traspare una velata, se pur non concretamente manifesta, tendenza a supportare più o meno sempre le stesse persone. Magari questi fatidici personaggi, oltre ad essere talentuosi (sicuramente), avranno forse “qualche santo in Paradiso” in più di altri? Oppure l’enorme mole di personalità talentuose presenti nel posto non è realmente valorizzata in toto, in maniera completamente imparziale e spassionata?
E torniamo al discorso iniziale. Quanti giovani oggi cercano disperatamente di farsi strada in questa società così difficile? Sono tantissimi, e molti di loro hanno veramente innumerevoli capacità e competenze, tanto da far invidia a gente di gran lunga più grande di loro. Quanti autori di libri? Musicisti e cantanti? Attori, artisti, giovani professionisti in ogni settore? Sarebbe lunghissima la lista. Ma ciò che viene allora da chiedere, in un marasma di persone così in gamba, che potrebbero dar lustro nei secoli a questa terra, c’è veramente chi crede in loro? C’è chi è intenzionato a investire del tempo e del denaro per ascoltarli, metterli alla prova, lanciarli nella società? Ci sono coscienti editori, case discografiche, botteghe e atelier, teatri, centri di ogni sorta, capaci di mettersi in gioco pur di assecondare i talenti e i sogni di tutta questa gioventù? Tante, troppe sono le domande che continuerebbero a balenare nella testa. E le risposte? Il problema sono proprio quelle, che o sono troppo poche o mancano del tutto. Dinnanzi a tale penuria, davanti a tale “limitata” apertura mentale verso la gioventù, verso un futuro più dinamico, dinnanzi a tutta questa società che vuole restare indietro nonostante le siano proposte valide soluzioni, quale futuro qui? Un coro pare sollevarsi all’unisono e rispondere con fermezza: “E’ questa terra che non ci vuole”.
Massimiliano Lepera