L’assegno di mantenimento dei figli non si riduce anche se il coniuge affidatario trova un lavoro

 L’assegno di mantenimento dei figli non si riduce anche se il coniuge affidatario trova un lavoro

Non è sufficiente che il genitore affidatario dei figli trovi un lavoro per determinare una riduzione dell’assegno di mantenimento per i figli posto a carico dell’altro genitore.

E’ quanto emerge dall’ordinanza della Corte di Cassazione, sesta sezione civile, 19/02/2018 n. 3926, che a chiare note rileva che la determinazione dell’assegno di mantenimento non si fonda su una rigida comparazione della situazione patrimoniale di ciascun obbligato, per cui le migliorate condizioni economiche del genitore affidatario, non comportano una proporzionale diminuzione dell’importo posto a carico dell’altro genitore.

Non basta, dunque, la circostanza che la madre abbia trovato lavoro a far diminuire l’assegno di mantenimento dovuto dal padre avvocato che dichiara redditi inattendibili (più simili a quelli di un praticante che di un professionista) e che può accollarsi il mutuo per l’acquisto di una nuova abitazione.

La fattispecie posta all’esame della Suprema Corte trae origine dalla sentenza della Corte d’appello che aveva ridotto in 400 euro l’assegno mensile dovuto dal padre, avvocato civilista, per il mantenimento del figlio minore. Peraltro la Corte di appello aveva ritenuto inammissibile la domanda della madre che chiedeva la revisione della ripartizione delle spese straordinarie in quanto il richiamato protocollo AIAF (Avvocati Italiana Avvocati per la Famiglia e i Minori), vigente presso il Tribunale, costituiva un atto non avente valore normativo e sconosciuto all’ufficio.

La Corte di appello aveva disposto la riduzione dell’assegno in favore del minore, sulla base della circostanza che la madre non era più disoccupata, ma aveva trovato un lavoro e, quindi, aveva un reddito proprio.

Tale motivazione, tuttavia, secondo i giudici della Cassazione, è da ritenersi manifestamente contraddittoria, in quanto le conclusioni non appaiono affatto coerenti con le premesse poste e le censure della madre contro la sentenza della Corte territoriale trovano accoglimento. I giudici della Suprema Corte evidenziano come il giudice di merito avesse ritenuto indimostrato il dedotto peggioramento delle condizioni economiche del padre, rilevando l’inattendibilità delle dichiarazioni dei redditi da lui presentate, da considerarsi riferibili più a quelle di un praticante avvocato che a un professionista di 49 anni.

Peraltro, i giudici avevano rilevato come l’uomo avesse anche acquistato un appartamento più costoso di quello posseduto, con possibilità, dunque, di accollarsi il relativo mutuo. Inoltre, nell’ordinanza la Corte di Cassazione ha dato anche atto sia delle maggiori esigenze del figlio divenuto ormai adolescente, nonché del tempo di permanenza col padre (fine settimana alternati e tre settimane e mezzo in tutto l’anno, tra festività e vacanze estive).

Peraltro, la Cassazione evidenzia che i giudici di merito sarebbero incorsi anche nella falsa applicazione del condivisibile principio da loro stessi richiamato, secondo il quale la determinazione del contributo che grava per legge su ciascun genitore per il mantenimento l’educazione e l’istruzione della prole, non si fonda su una rigida comparazione della situazione patrimoniale di ciascun obbligato; di conseguenza, le migliorate condizioni economiche del genitore affidatario servono a garantire al minore, non più un infante, un migliore soddisfacimento delle sue esigenze di vita, ma non possono, invece,  comportare una proporzionale diminuzione del contributo posto a carico dell’altro genitore.

Sono stati anche ritenuti fondati i motivi con i quali è stata dedotta l’omessa pronuncia sulla richiesta di regolamentazione delle spese straordinarie a carattere più liquido. Infatti, sempre secondo la Cassazione la circostanza che il protocollo AIAF, vigente presso il Tribunale per la ripartizione delle spese straordinarie tra i genitori fosse un atto non normativo a lei ignoto, non avrebbe, comunque, potuto esimere la Corte d’appello dal valutare, secondo adeguati parametri, la domanda avanzata dalla madre di modificare la distribuzione delle spese straordinarie tra i genitori ripartite in ragione della metà ciascuno.

In conclusione, secondo la Cassazione, che ha rinviato alla Corte di appello, in diversa composizione, per la definizione del giudizio, le migliorate condizioni economiche di uno dei coniugi non comportano la proporzionale riduzione dell’assegno di mantenimento dei figli posta a carico dell’altro coniuge dovendosi, oltretutto, tenere conto anche delle mutate esigenze del figlio legate alla sua crescita.

Luigi Bulotta

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