Costituisce stalking ossessionare l’ex coniuge con telefonate e appostamenti con falsi pretesti

 Costituisce stalking ossessionare l’ex coniuge con telefonate e appostamenti con falsi pretesti

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Costituisce reato di stalking, previsto dall’art. 612 bis del codice penale** (atti persecutori), ossessionare l’ex coniuge con continue telefonate e appostamenti motivati da tentativi di convincere l’ex a prendersi cura del figlio che ha problemi.

In tal senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, con la recente sentenza n. 49216, depositata il 26 ottobre 2017, sul ricorso di un uomo ritenuto responsabile del reato di atti persecutori nei confronti della ex moglie.

Il ricorrente aveva sostenuto davanti alla Corte di Cassazione che la sua definita “ossessiva” ingerenza nella vita della ex moglie sarebbe stata determinata dalla necessità di sollecitare l’interesse della madre verso il figlio problematico, rimasto con lui dopo l’allontanamento della donna dall’abitazione coniugale, senza dunque aver dato luogo ad atti persecutori o alterazioni delle abitudini della persona offesa.

Al contrario, secondo i giudici della Cassazione, la versione difensiva di ricercare la moglie per prendersi cura del figlio era un falso pretesto da leggere in chiave persecutoria, come delineato dai giudici di merito, ovverosia come un pretesto dell’imputato per sfogare il risentimento nutrito verso la donna che lo aveva lasciato e aveva iniziato una relazione con un altro uomo.

D’altronde, come rilevano i giudici, non si è trattato di singoli episodi, ma il comportamento persecutorio dell’ex marito era costituito da continue telefonate, messaggi, pedinamenti e stazionamenti sotto casa, per cui la donna aveva dovuto cambiare le proprie abitudini di vita limitando le uscite ed evitare la frequentazione di certi luoghi come una scuola di ballo dove l’imputato si era improvvisamente presentato.

Pertanto, secondo la Corte, la condotta dell’ex marito, non era solo strumentalmente legata alle esigenze del figlio, mentre era, invece, finalizzata a vendicarsi dell’abbandono subito, per cui sussiste il dolo, operando con la coscienza e volontà di dare fastidio e perseguitare deliberatamente l’ex moglie.

**L’art. 612 bis del codice penale stabilisce che “”Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumita’ propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita).
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici””

L.B.

 

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Redazione Tutto Sud News

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