Percosse al coniuge: basta un solo episodio per costituire causa di addebito della separazione

 Percosse al coniuge: basta un solo episodio per costituire causa di addebito della separazione

 

Anche un solo episodio di percosse al coniuge, può essere sufficiente per fondare l’addebito della separazione. Lo ha statuito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22689, depositata il 28 settembre 2017,  richiamando diverse analoghe decisioni. Secondo la Corte le violenze fisiche e morali costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, anche se si concretano in un unico episodio di percosse, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto causa determinante l’intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore e, peraltro, è da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei.

Secondo la Corte di Cassazione, pertanto, è corretto addebitare la separazione non solo al coniuge che per anni ha assunto un comportamento vessatorio e violento nei confronti della moglie e dei figli, ma anche un unico episodio di percosse è causa determinante l’intollerabilità della convivenza ed è sufficiente a fondare la pronuncia di separazione personale e di addebitarla all’autore dal momento che le percosse costituiscono una violazione gravissima dei doveri coniugali.

Pertanto il giudice non è tenuto neppure a considerare e comparare gli eventuali comportamenti dell’altro coniuge contrari ai doveri coniugali. Si tratta di una violazione talmente grave che il giudice non è tenuto neppure a comparare ad essa il comportamento, contrario ai doveri coniugali, del partner vittima delle violenze trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei.

Nel caso all’esame della Corte di Cassazione, peraltro, il marito era stato condannato per maltrattamenti in famiglia a causa di reiterate violenze ed umiliazioni inflitte a moglie e figli.

L.B.

 

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