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Strage di Las Vegas: un tragico bilancio tra tanti perché
Si è concluso con un bilancio di 59 morti e 527 feriti quello che sarà ricordato come il più grave omicidio di massa nella storia degli Stati Uniti. A sparare, dal 32 piano del Mandala Bay Hotel, un pensionato 62enne e incensurato, Stephen Paddock, durante il concerto di Jason Aldean, in occasione del Route 91 Harvest Festival, un festival di tre giorni di musica country. Una prima raffica di colpi durata 9 secondi poi una pausa di 37 secondi e poi ancora altre scariche di proiettili sulle folla che cercava disperatamente di ripararsi o fuggire. La polizia pur avendo individuato in fretta la stanza da dove provenivano gli spari non ha fatto in tempo a fermare Paddock. Quando ha sfondato la porta della stanza l’autore della strage si era già suicidato. Il perché di questa carneficina è ancora un mistero, il killer era un pensionato benestante, che conduceva una vita normale e che non aveva mai manifestato problemi psichici. La strage è stata preparata in maniera meticolosa e questo fa aumentare le domande: aveva preso la stanza dell’hotel da giovedì 28 e giorno dopo giorno aveva portato le armi ,compreso un martello con cui ha rotto il vetro della finestra. L’Isis, che a giugno con un video aveva sollecitato i militanti a colpire Las Vegas, ha rivendicato l’attentato: “Paddock era un soldato convertito di recente all’Islam” ma sia L’FBI che la CIA sono poco propensi ad avvalorare questa tesi. Di certo, dopo questa ennesima strage americana, si ripropone con forza il problema di uno stato che conta più fucili che abitanti ed una lobby, quella dei produttori di armi, troppo forte e potente che nessun politico è riuscito ancora a sconfiggere. Stephen Paddock, deteneva legalmente 42 armi da fuoco nella sua casa a Mesquite, a circa 130 chilometri dalla scena e nella camera d’albergo, in cui soggiornava, le autorità hanno trovato 23 di queste armi . Nella sua auto gli investigatori hanno trovato nitrato di ammonio, sostanza utilizzata per produrre esplosivi.